memoria
Donne di ogni generazione, che si specchiano l’una nell’altra, dalla giovanissima Jenna Ortega che ammalia con un cuore rosso appuntito, in una nuvola di tulle e trasparenze firmate Dior, a Isabelle Huppert, presidente di Giuria, avvolta in un fiocco rosso, guanti bianchi e brillanti. L’apertura di Venezia 81 con “Beetlejuice Beetlejuice”, sequel del film anni Ottanta di Tim Burton, porta sulla passerella un orgoglio femminile lontano dai cliché e dalle frasi fatte. Mano nella mano con Burton, la compagna Monica Bellucci, regina goth in un abito lungo nero custom Vivienne Westwood, lascia che gli occhiali da sole le celino lo sguardo, ma il sorriso dice tutto. Burton nel film l’ha trasformata in una sposa cadavere, vendicativa, “succhia anime”, che cuce le parti in cui è divisa con le sue forze a suon di graffette. Ma c’è anche Winona Rider, Lydia Deetz: opta per una gonna di tulle, ma sceglie il nero con Chanel haute couture. Le luccicano gli occhi quando le si avvicina Ortega, la scruta mentre si avvicina ai fan assiepati fuori dal tappeto rosso tra selfie e autografi. E poi, in un vestito scultura di Oscar de la Renta che evoca i nastri di pellicola, Catherine O’Hara. Nel film sono figlia (Ortega è Astrid), madre (Ryder è Lydia), nonna (O’Hara è Delia), sul carpet il volto di quel cinema che non «prova a inscatolarti», parafrasando il Leone d’Oro Sigourney Weaver (da standing ovation in sala), che non vede più nell’età un limite, ma la celebra. Applauditissimo Michael Keaton, che ha rimesso i panni di Beetlejuice ma sul tappeto rosso resta elegantissimo in Armani, e un saltellante Willem Dafoe, accolti dal direttore Alberto Barbera.
avvistati: spunta blanchett
Il rito del tappeto rosso è cominciato presto, già alle cinque e mezza, e la meglio l’ha avuto chi aveva scommesso su abiti leggeri. Tra gli avvistati, ha sorpreso Cate Blanchett, attesa per la serie “Disclaimer” di Cuarón: se Bellulcci è regina goth, lei è di ghiaccio, eterea in Armani tra file di perle e tessuto avorio luccicante. Poi segue il bianco (ma contornato di piume) della modella Maria Carla Boscono, il minimal di Patty Smith, il bustier tappezzato di brillanti di Amy Jacksons (da pochissimo sposata con Ed Westwick, il Chuck Bass di Gossip Girl, in costiera Amalfitana), Roberto Bolle sulle punte.
politica e impegno
Passerella per il ministro alla Cultura Gennaro Sangiuliano, mentre si fanno trovare già in sala il presidente della Regione Veneto Luca Zaia e il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro. L’annunciato ministro ai Trasporti, Matteo Salvini, è passato dalla darsena Excelsior (ma non in sala). A parlare di politica, sono gli attori: non solo Weaver, con il supporto per Kamala Harris in corsa alla Casa Bianca, ma anche sulla passerella di “Nonostante” di Valerio Mastandrea nel primo pomeriggio, dove Laura Morante ha stretto tra le mani un ventaglio con scritto “Stop the Gaza Genocide” e Lino Musella indossato la t-shirt “Free Palestine”.
la cerimonia: il ruggito del cinema
Clara incanta la sala, la voce vellutata, l’abito rosa confetto. Sveva Alviti, avvolta tra paillettes fermate da una rosa in vita, prende le redini. «Su queste poltrone iniziamo un viaggio», afferma, «con gli occhi del cinema vediamo il mondo in modo nuovo: qui tutto può accadere, dentro e fuori di noi. Prepariamoci a vivere undici giorni indimenticabili». Dopo Weaver, il palco lo prende la presidente di Giuria Isabelle Huppert. «Devo parlare in italiano? In inglese? In francese?», premette, «uso la lingua che merita di restare viva, universale: il cinema». Una parola fugace quella del presidente Pietrangelo Buttafuoco: «Adesso, in punto di poesia, in punto di memoria, io vado via. Ma vorrei che parlasse lo schermo». E appaiono Alain Delon, Gena Rowlands e Roberto Herlitzka.
beetlejuice parla di noi
Riavvolgendo il nastro alla mattina, tra look in rigorose strisce bianco nero e qualcuno ha anche osato i capelli verdi, il primo confronto con il pubblico è stato prima della conferenza al Casinò: Jenna Ortega in tailleur in due sfumature di bordeaux, un bauletto rigido a righe bianco nere come l’abito tuta di Catherine O’Hara. Lascia senza fiato Bellucci, total look Dolce & Gabbana a pois, naturalmente bianco e nero. «Negli ultimi anni non avevo più fiducia nell’industria cinematografica, mi sono sentito come Lydia, perso. Questo film, mi ha ridato energia», afferma Burton, in camicia nera con spiritelli blu, «Nessuno di noi ha mai detto “lavoriamo a un sequel”. È nuovo perché è visto con gli occhi di Jenna». Ortega, sorrisi appena accennati al momento degli autografi in darsena, serissima durante la conferenza, quando parla ha di fianco gli occhi luccicanti di Winona Ryder. «Astrid cerca di differenziarsi dalla madre che ama tutto ciò che è dark, è ostinata», spiega Ortega, «sono entusiasta ed emozionata». Tra Burton, Dafoe e Keaton è tutto una battuta. «Pensavamo di realizzare un film drammatico. E invece...», ride Burton. «Mi sembra abbastanza ovvio che il mio personaggio sia maturato», sorride Keaton. «È facile farti ridere, ammettilo», dice Dafoe a Burton. Poi, l’amore per l’Italia, tanto che c’è il flashback in cui si scopre l’identità di Bellucci in bianco e nero e in italiano. «Ho sempre voluto girare un film horror in italiano», rivela Burton. Film e tappeto rosso lasciano con un dubbio. Nel film, gli influencer vengono risucchiati dalle fotocamere dei propri smartphone. Ma che Mostra sarebbe, senza caccia al selfie? —
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