Le Havre come l’Araba Fenice: rinasce ispirandosi all’arte, all’architettura e al mare
La città francese, sorta intorno al suo grande porto sull’Atlantico, dopo le distruzioni del periodo bellico è risorta grazie a un progetto urbanistico di valore
Se l’Araba Fenice è rinata dalle sue ceneri, Le Havre è rinata… sopra le sue stesse macerie. Poggia su uno strato di ben 80 centimetri formato dai detriti della sua distruzione causata dalle bombe.
Una rinascita che ha dell’incredibile, perché la città normanna, seguendo la sorte del suo strategico porto, era stata completamente rasa al suolo dai bombardamenti alleati del settembre del 1944. Che furono decisi per indurre alla resa l’occupante tedesco colpendolo nel suo avamposto più fortificato in Normandia.
Durante la tempesta di fuoco dell’Operazione Astonia, nel solo giorno del 10 settembre 1944, ben 992 bombardieri alleati scaricarono su Le Havre 4719 tonnellate di ordigni.
Le vittime civili furono oltre 5000 e la distruzione della città fondata da Francesco I nel 1517 (quello del castello di Chambord, che convinse Leonardi Da Vinci a trasferirsi in Francia), fu pressoché totale. Chi poteva immaginare che soltanto pochi decenni dopo Le Havre si sarebbe meritata di entrare a far parte del Patrimonio dell’Umanità Unesco? Eppure è stato così.
Il riconoscimento è arrivato nel 2005, ma i suoi presupposti si concretizzarono già nell’immediato dopoguerra, quando la Francia decise di affrontare uno sforzo titanico pur di ridare vita alla sua città e al suo porto più importanti dell’Atlantico.
Nonostante l’emergenza, l’operazione venne pensata in grande, cercando di dare un senso nuovo a quella finestra di Normandia affacciata sulla Manica.
Un modo per dare continuità alle visioni di Francesco I, sovrano illuminato della Francia del Rinascimento, e dei pittori impressionisti che dalla Le Havre ottocentesca trassero linfa per alcune delle loro ispirazioni pittoriche migliori.
Auguste Perret e le visioni “flessibili” in… cemento armato
E’ così che una città di cemento armato, riedificata secondo i rigidi schemi del Classicismo Strutturalista, pensiero che talvolta sacrifica l’estetica al verbo assoluto della funzionalità, può trasformarsi anche in un luogo di poesia. Un’anima a cui Le Havre non ha rinunciato mai, distesa com’è sulla sponda sinistra della Senna fino a toccare il mare. Mare che la città teme e che domina.
Mare che è elisir di forza anche per il suo futuro.
Le Havre deve una gratitudine speciale a un uomo, August Perret. E’ l'architetto che ha pianificato la ricostruzione a tempo di record, tirando su la città nuova subito dopo la guerra seguendo la sua filosofia fatta di concretezza e di lungimiranza.
Contando su un pool di architetti di valore e su un formidabile alleato: il cemento armato, materiale di cui Perret è stato uno dei pionieri a livello internazionale. Nasce così un’urbanistica funzionale e moderna, coniugata a un’architettura razionale e flessibile, basata su moduli ripetibili. Et voilà! In pochi anni diecimila appartamenti sono pronti per ridare futuro e qualità di vita a una popolazione stremata dalla guerra.
Saint Joseph, la chiesa-torre che sfida il cielo
Persino la chiesa simbolo ha firmato Perret, quella di Saint Joseph che dall’alto dei suoi 107 metri domina lo skyline della città. Una vertigine estetica e spirituale.
Da lontano sembra un missile sulla rampa di lancio, o una gigantesca torre – faro. Oppure una copia in miniatura dell’Empire State Building. Eppure è un tempio cristiano, come all’interno sottolineano le preziose vetrate ispirate al gotico. Vicino, nella piazza, c'è pure la possibilità di vedere un appartamento modello costruito nel 1950 che ospitò allora lo stesso Perret e altri tecnici impegnati nella ricostruzione.
E’ molto "americano" nello stile e nella dotazione di elettrodomestici; frigoriferi e lavatrici che allora, in Europa, erano ancora poco diffusi. Sfida il cielo anche l’avveniristico Pont de Normandie, alto 59 metri, che attraversa la Senna dopo un “volo” di 850 metri, che lo rende il ponte strallato con la maggior luce libera al mondo. Collega i dipartimenti della Senna Marittima e del Calvados.
Oscar Niemeyer e il suo provocatorio “Volcan”
Le Havre negli anni delola ricostruzione divenne una sorta di laboratorio urbanistico e architettonico, tanto da richiamare archistar di grido, come il brasiliano Oscar Niemeyer, quello che edificò Brasilia: a lui venne affidato il progetto di creare un centro culturale polifunzionale. E così nacque il provocatorio e avveniristico “Volcan”. Un vero e proprio vulcano nel cuore della città, destinato soprattutto a teatro e biblioteca, con soluzioni interne d'avanguardia dove piani, arredi e fasci di luce si intrecciano ripetutamente.
Un'architettura di sfida anche alla Narrow House, la casa più stretta del mondo progettata da Erwin Wurm. Città anche ecologica Le Havre, che si gira facilmente in bici sfruttando i tanti percorsi ciclabili o il tram, le cui rotaie spuntano da ampi corridoi inerbati.
La luce del museo Malroux e la vivacità dei Docks
L'altra Le Havre è quella affacciata sull'Atlantico, mare con cui la città ha un rapporto simbiotico. Lo stesso Museo MuMa, il museo d'arte moderna “André Malroux” che contiene il maggior numero di capolavori dei pittori impressionisti (in particolare la collezione di opere di Eugène Boudin, donata dal fratello dell’artista alla sua morte), sorge in faccia al mare, di fronte alla Capitaneria.
La luce che filtra dalle vetrate esalta l'arte che contiene. Il museo fu fortemente voluto dall'allora ministro della cultura del governo De Gaulle, André Malroux. Venne inaugurato nel 1961.
Di straordinario effetto scenico sul panorama urbano visto dal mare hanno i Docks, i magazzini portuali oggetto di una intelligente operazione di recupero. I Bains des Docks, ultra minimalisti, contengono un divertente e rilassante mondo d'acqua, fra piscine e giochi, diventando col tempo un inno al benessere. Ispirato alle terme romane, il complesso nautico affascina ogni tipo di pubblico ed è luogo simbolo del lifestyle di Le Havre. Poco lontano il Carré des Docks, centro congressi e di esposizioni, e più in là i Docks Vauban. Erano i magazzini del caffé e del cotone: il restyling di Reichen e Robert li ha assurti a luogo di svago, centro commerciale e localini etnici di ogni tipo.
E poi c’è il porto, da vivere attraversandolo in battello. Fra gigantesche navi porta container (nessun porto in Francia ne movimenta così tanti) e grandi navi da crociera: ogni anno a le Havre, di questa ultime, ne approdano quasi duecento.
Sainte-Adresse, enclave belga dai tramonti infiniti
Restando sul mare, non si può resistere alla tentazione di scoprire Sainte-Adresse, ovvero la “fine del mondo”. Altro luogo immortalato da celebri opere degli impressionisti, che proprio dal molo, dalle passerelle e dalle spiagge di piccole pietre di Sainte-Adresse potevano ammirare, lontane all'orizzonte, le località di Deauville, Trouville-sur-Mer e Honfleur, ovvero i villaggi che nella seconda metà dell'Ottocento videro nascere il movimento che rivoluzionò il mondo della pittura…
Sainte-Adresse per quattro anni fu anche un'enclave belga, perché qui tra il 1914 e il 1918, si trasferì il governo di Bruxelles, per mantenere le sue funzioni al sicuro dopo l'occupazione tedesca durante la prima guerra mondiale. Impagabile la vista del tramonto da qualsiasi angolo di Sainte-Adresse. E’ così magica che sembra un miraggio.
Il sogno Etretat: falesie, giardini e la “casa” di Arsenio Lupin
La Le Havre legata all'Impressionismo ha una sua appendice naturale a Etretat, il pittoresco villaggio affacciato sulle scogliere più famose e fotografate di Francia. A Etretat, Claude Monet e gli altri artisti furono attratti come calamite dal fascino selvaggio delle falesie che caratterizzano la spettacolare Costa d'Alabastro. Falesie che hanno dei nomi suggestivi, quasi ad anticipare la bellezza delle opere d'arte che hanno ispirato.
Dei grandi pannelli, come a Le Havre, mostrano l'opera proprio nel punto stesso dove Monet e gli altri le avevano realizzate un secolo e mezzo fa. Impossibile non restare ipnotizzati da tanta bellezza. Monet decise di stabilirsi qui e quel paesaggio di balze e di picchi sul mare lo trasformò in arte in più di cento declinazioni pittoriche diverse.
Sopra la falesia più famosa, quella dell'Aiguille, ora sorge uno dei campi da golf più emozionanti del mondo. Un luogo da cui ammirare in modo invidiabile le falesie di alabastro dell'Aiguille sono i bizzarri ed onirici giardini di Etretat, progettati da Alexandre Grivko. Sorgono intorno a una della tante ville che i parigini un secolo fa fecero edificare su questo tratto di costa della Normandia, diventato all'improvviso un richiamo di moda. I giardini offrono viste mozzafiato e mescolano sapientemente Land art e arte del paesaggio. Un viaggio sensoriale a 360 gradi, accompagnato da profumi e suoni cangianti. Immerse nel verde ci sono le opere buffe di Samuel Salcedo: dei giganteschi e irreverenti faccioni che strappano anche qualche sorriso.
Le 33 sculture di terracotta sugli alberi, che declinano la parola “arte” in più lingue, sono state esposte anche alla Biennale di Venezia. Nel cuore del villaggio di Etretat c'è la Clos Lupin, la casa dello scrittore Maurice Leblanc dedicata al personaggio più famoso uscito dalla sua fervida penna: Arsenio Lupin, il ladro gentiluomo. La casa e il suo giardino sono un susseguirsi di sorprese e di colpi di scena, legati ai 39 racconti (condensati in 5 libri) che Leblanc dedicò a Lupin. Il tutto con effetti scenici che trasportano indietro nel tempo…
Ma in Normandia la fantasia diventa cosa normale. Chi la ferma l'immaginazione davanti a un caledoscopio di cose belle così imprevedibile, bizzarro e coinvolgente?
Ostriche, “moule” e formaggi rari: irresistibili golosità normanne
E infine qualche consiglio “goloso”. La Normandia è terra di formaggi, tesori di arte casearia che colpiscono per la loro varietà. C'è persino una strada che invita a scoprirli. Da “Fabrice” al mercato (ora da Jean Pierre) si sono inventati degustazioni volanti per scoprire il Camembert, il Livarot, L'Eveque e soprattutto il Neufchatel. Una scorpacciata di ostriche e di frutti di mare ce la si può concedere a Saint-Adresse alla Brasserie Eugénie. Una di cozze, le immancabili “moule” presentate in più modi, è un invito al ristorante Le Rayon Verte dello storico Hotel Le Perrey. E’ invece contemporaneo lo stile del ristorante “La Margote” in centro a Le Havre, dove esprime il suo talento e l'amore per i prodotti del territorio Guathier Teissere, recente scoperta della guida Michelin.
Al “Les Enfants Sages”, allestito con gusto e piacevole stile retrò nella casa del direttore di una vecchia scuola, la cucina guarda anche alle tapas. Informale e goloso il bistrot Chez Andrè. Anche l'arte dell'accoglienza a Le Havre è al passo con i tempi. Sul fronte mare la catena Hilton Garden Inn ha creato “Babette”, un concept store che accomuna in uno stile colorato e informale hotel, ristorante, boutique, intrattenimento e svariati laboratori.
Senza contare la vista sul mare e sul crepuscolo senza fine di questa città proiettata per vocazione sul futuro… Un valore aggiunto non da poco.
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