Spalato riscopre la “Marenda”, singolare usanza adriatica

Era (e in qualche zona ancora è) il pasto di metà mattina dei lavoratori, in uso lungo la costa croata tra l’Istria e Dubrovnik. E’ stato uno dei temi di “Taste the Mediterranean”, meeting a cui erano presenti chef di vari paesi, tra cui il veneziano Franco Favaretto e lo stellato abruzzese Nicola Fossaceca

Una veduta della “Riva”: lo scenografico lungomare di Spalato
Una veduta della “Riva”: lo scenografico lungomare di Spalato

Rieccola la popolare “Marenda”, il pasto frugale di metà mattina che da secoli è un’usanza lungo la costa dalmata e la cui diffusione è “certificata” dall’Istria fino a Dubrovnik. Il nome richiama quello dell’italica “merenda”, con una “a” al posto della “e”, ma va detto che dall’altra parte dell’Adriatico, in Croazia, questa tradizione, ovvero la “marenda”, ha un significato diverso. Simile, ma diverso.

Una raffinata interpretazione della “Marenda” firmata dallo chef Branimir Prnjak del ristorante Zrno Soli di Spalato
Una raffinata interpretazione della “Marenda” firmata dallo chef Branimir Prnjak del ristorante Zrno Soli di Spalato

E’ il pasto tradizionalmente consumato tra la colazione e il pranzo: in genere si tratta di una zuppa di fagioli con pancetta, trancetti di prosciutto crudo, salsicce, carne di agnello essiccata, trippa o pesce. Un’ istituzione lungo la costa adriatica; un’istituzione che ha varie declinazioni. In quanto la sua composizione cambia a seconda della regione. Un rito che ha radici contadine, che si è diffuso anche negli ambienti marinare e poi anche nelle fabbriche.

Tuttavia è un rito che si sta progressivamente perdendo e il Festival “Taste the Mediterranean”, la cui dodicesima edizione si è svolta nei giorni scorsi a Spalato su impulso della sua fondatrice Ingrid Badurina (quanta energia nel dirigere una macchina organizzativa così complessa!), ha contribuito a ridarle luce. Il festival ha contribuito anche a farla riscoprire come un patrimonio di tradizione originale, con tutti i suoi riflessi sociali e antropologici, a cui i croati di mare (e non solo) hanno sempre tenuto. Marenda che ha radici fondamentalmente contadine, vista l’origine dei prodotti, ma che si è diffusa ben presto anche fra i pescatori della costa. E poi persino nelle fabbriche e negli stessi cantieri navali, compresi quelli di Spalato. L’usanza è quella di consumare questo pasto di mezzo, tra le 10,30 e le 11, per dare una risposta sostanziosa a un certo appetito dopo tante ore di lavoro, dato che in Croazia e in tutta l’ex Jugoslavia è abituale iniziare a lavorare alle 7 del mattino, se non prima. Usanza che ha anche un gran valore: quello della condivisione. Nel senso che la “marenda” viene servita in grandi vassoi o capienti zuppiere da dove tutti possono attingere, anche contemporaneamente. Un rito che affratella e fa riscoprire il piacere di stare a tavola, come è stato sottolineato durante l’incontro che il festival ha dedicato al gustoso argomento.

La cucina fonte di intrecci e di contaminazioni culturali

Le frontiere culturali, quando si aprono al confronto, tracciano e definiscono scenari sempre nuovi. Stimolanti e talvolta imprevedibili. Anche in campo enogastronomico, dove cibo e vino rappresentano brani preziosi di cultura materiale. Brani che si intrecciano con altri aspetti del vivere sociale. Al festival è stato trovato anche un legame culturale con la “Klapa”, canto tradizionale dalmata che esalta lo spirito della compagnia, dello stare insieme, del cibo, del vino, dell’amore e dell’identità regionale; canto che ha tante varianti, come ad esempio il canto a cappella con accompagnamento di qualche strumento. Dopo la sua riscoperta, in occasione dell’indipendenza croata, la “Klapa” sta vivendo una nuova stagione creativa grazie ai giovani, che hanno saputo declinarla, con testi originali, anche in chiave contemporanea. Tanto Allo Hrvatski Dom, bellissimo teatro di Spalato, durante il festival se ne è avuto un applauditissimo saggio.

Le ricette care allo “scultore - pastore” Ivan Meštrović

Galleria Meštrović
Galleria Meštrović

Altro legame molto importante in termini culturali è quello con lo scultore Ivan Meštrović, dalmata di nascita e statunitense di adozione, di cui sono state raccolte le ricette preferite, in un libro in cui è stato fatto tesoro degli appunti della moglie Olga.

Scintillante la serata organizzata alla Galleria Meštrović, affascinante complesso di stile neoclassico che raccoglie numerose opere dell’artista (la villa fu anche il suo atelier) che nacque pastore e divenne uno dei grandi dell’arte croata, grazie a chi ne scoprì il talento. Il Festival dopo la visita al museo ha proposto una interpretazione delle ricette care a Meštrović.

Spalato, la città dalmata che diede i natali all’imperatore romano Diocleziano, da qualche anno è dunque una delle nuove capitali enogastronomiche del Mediterraneo.

La splendida città adriatica, autentica perla del turismo croato, in tema di gusto e soprattutto di riscoperta dei valori della cucina mediterranea può dire la sua grazie al successo anche di questa 12° edizione del festival internazionale “Taste the Mediterranean”, azzeccata idea della giornalista croata Ingrid Badurina, responsabile per la Croazia della prestigiosa guida gastronomica francese Gault e Millau.

Il festival ha avuto molti meriti. Innanzitutto quello di portare a Spalato una trentina di affermati chef croati ed esteri (fra quali gli italiani Franco Favaretto, veneziano, titolare del ristorante “Baccalà Divino”, uno dei maestri della cucina a base di stoccafisso, e lo stellato abruzzese Nicola Fossaceca del “Metrò” di San Salvo), di far riscoprire i valori della Dieta Mediterranea che, ricordiamo, dal 2014 è patrimonio Unesco, e di aver messo Spalato sotto i riflettori del grande palcoscenico turistico europeo e internazionale in chiave contemporanea.

Quando la città era Salona e regnava Diocleziano

Spalato, crocevia di culture e di tendenze, dunque, seconda città della Croazia e dalmata nell’anima, venata anche di cultura romana e veneziana, austriaca e pure balcanica, dove la cucina oggi assurge al ruolo di volano di nuove idee, contaminazioni, ricerca, sperimentazioni…

Diocleziano ne godrebbe, visto che a Spalato nacque (quando la città era la romana Salona, di cui oggi vanno visitate le vestigia nell’area archeologica) e perché a Spalato l’imperatore romano visse gli ultimi anni della sua vita (dal 305 al 313 d.C.), lasciando come testimonianza il palazzo che tutt’oggi porta il suo nome, il più grande mai costruito nel periodo dell’antica Roma.

Palazzo intorno a cui si sviluppò la stessa Spalato e dove, per tornare al “Taste the Mediterranean”, il festival ha vissuto alcuni momenti glamour, in un clima che, specie sul lungomare e nell’esclusiva marina, ha ricordato la “Dolce vita”.

I migliori chef croati all’opera. In buona compagnia…

Ippei Uemura, giapponese che lavora al “Tabi” di Marsiglia
Ippei Uemura, giapponese che lavora al “Tabi” di Marsiglia

Ovviamente la Croazia ha schierato al festival i suoi cuochi di maggior tendenza, che spesso si sono esibiti accanto ai colleghi arrivati da altri paesi in interessanti cene a quattro mani. Favaretto ha cucinato all’ammaliante ristorante “Zoi”, creato nelle mura del palazzo di Diocleziano, insieme al residente chef Roko Nicolic, talentuoso chef dalmata, punta di diamante croata nelle guide di settore.

Franco Favaretto, veneziano, titolare del ristorante “Baccalà Divino”
Franco Favaretto, veneziano, titolare del ristorante “Baccalà Divino”

Favaretto ha inoltre tenuto una masterclass su baccalà e stoccafisso alla scuola di cucina “Oliva Allegra”, trovando sorprendentemente preparati i ragazzi. Favaretto ha utilizzato stoccafisso norvegese Lofoten IGT, proveniente dall’isola di Rost dove nel 1451 approdò naufrago il mercante veneziano Piero Querini che poi fu il primo importatore di stoccafisso. Studenti e insegnante Anja entusiasti di ascoltare questa storia.

Nicola Fossaceca ha invece condiviso la cucina del noto ristorante “Dvor”, in riviera, puntando su altri sapori adriatici. Tra gli chef stranieri presenti Ippei Uemura, giapponese che lavora al “Tabi” di Marsiglia, segnalato dalla guida Michelin. Ippei ha incantato con il taglio e la sfilettatura di un grande tonno nel corso della prima delle due serata allestita nella vecchia pescheria di Spalato. Notevole il saggio di bravura di Branimir Prniak, chef del ristorante “Zrno Soli”, locale affacciato sulla bellissima marina di Spalato. Con lui ha lavorato Natalie Jewell, giovane chef spagnola che il prossimo anno è stata invitata anche un importante evento a New York.

Presente al festival anche un altro “addetto ai lavori” veneto: Alvaro De Anna, il fondatore ed editore della rivista Papageno e oggi paladino dei vini cosiddetti “eroici”, quelli che vengono prodotti su terrazzamenti o in luoghi dove la coltivazione della vite impone molte difficoltà. A Spalato ha portato due vini italiani da viticoltura “eroica”, prodotti da un’azienda friulana e una calabrese.

Il “brodetto” che unisce le due sponde qui è la “gregada”

Che la cucina sia un buon pretesto, anzi un pretesto gustoso e stimolante, per conoscere meglio il capoluogo dalmata, lo conferma il caratteristico quartiere dei pescatori di Velj Varos, il popolare agglomerato di antiche case di pietra della città, il cui labirinto di viuzze si adagia sui fianchi del monte Marjan. Rione pittoresco il Velj Varos, in cui convivono reliquie d’arte come la piccola chiesa di San Nicola, dell’XI secolo, e tanti esempi di architettura residenziale spontanea.

Quartiere dove si affacciano, per tornare al legame con la tradizione gastronomica locale, vecchie konobe, ovvero taverne e osterie dove ancora oggi il piatto più servito è la “gregada”, una zuppa di pesce tipica della Dalmazia che riprende nel suo gioioso miscuglio di pesci, crostacei e mitili, il “brodetto” che si consuma da secoli anche sull’altra sponda dell’Adriatico, dalla Puglia alle Marche. Uno straordinario al festival lo ha presentato la giovanissima chef Antonela Goreta dello “Zinfandel” di Spalato, una delle sorprese della guida 2024 della “Gault e Millau”.

Solta e Brazza, isole di bellezza. Hajduk, la passione

 

Meraviglie della cucina quelle viste e proposte a “Taste the Mediterranean”, che uniscono culture e avvicinano popoli. Il festival del gusto mediterraneo ha messo in luce le ambizioni di Spalato per il futuro. Città dinamica, attiva, che guarda al suo mare come a un orizzonte simbolico quanto concreto. Culturale ed economico.

Città che coniuga la bellezza incantevole delle sue isole, da Brazza a Solta (patrimoni di biodiversità raggiungibili in 50 minuti di traghetto), all’arditezza di costruzioni contemporanee come la Dalmazia Tower, l’edificio inaugurato tre anni fa che oggi è il più alto della Croazia con i suoi 135 metri. Spalato è tante città in una. Quella romana innanzitutto, di cui il Palazzo di Diocleziano è tappa ineludibile, perché oltre la Porta Aurea si ritrovano tesori come la cattedrale di San Doimo (Svet Duje), nata come mausoleo dell’imperatore, che poi però venne “sfrattato” dal suo sarcofago per lasciare posto al santo; il battistero di San Giovanni con la preziosa fonte battesimale e poi a oriente la Porta Argentea.

Anche il quartiere Lučać è custode di presenze storiche come la chiesa di Santa Clara e il forte veneziano, uno dei tanti che ancora caratterizzano la costa (da non perdere quelli di Kastela). Dall’altra parte della città è piazza della Repubblica, con i suoi portici che ricordano le veneziane Procuratie di piazza San Marco, ad accogliere il visitatore.

E poi la bellissima piazza del Popolo (Narodni Trg), che fa da preludio al Palazzo di Diocleziano che ancora oggi abbaglia per le sue dimensioni, la sua arte e la sua… unicità. Come è unico il carattere di Spalato, città sanguigna e passionale, legatissima anche alla sua storica squadra di calcio, l’Hajduk, la cui fondazione risale al 1911.

Quando gioca in casa lo stadio Poljud ribolle come un’arena... Durante il festival l’Hajduk, quest’anno allenato dall’ex milanista Gennaro Gattuso, e che ha fra i suoi campioni l’ex interista Livaja e l’ex del Barcellona Rakitic, ha consolidato il suo primato in classifica superando il Lokomotiva Zagabria. Che sia l’anno dello scudetto, che a Spalato manca dal 2005? Il vento pare spirare nella direzione giusta dei rossoblù...

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