“Venezie a tavola 2025”, tra i padovani la novità è Valentinetti
Il suo nuovo ristorante “La Posa degli Agri” di Polverara è tra i 12 locali della nostra provincia segnalati dalla guida di PostEditori, giunta alla sua 15a edizione. L’ “Iris a Palazzo Soave” di Verona ristorante dell’anno: lo chef è Giacomo Sacchetto
Dodici i ristoranti padovani segnalati dalla guida “Venezie a Tavola 2025”. La vera novità è l’ingresso di “La Posa degli Agri” di Polverara, da poco rilevato nella direzione generale e, naturalmente, in cucina, da Andrea Valentinetti, cuoco fino allo scorso anno impegnato nel progetto “Radici” di Padova. Un bell’incoraggiamento per la nuova iniziativa, allestita dal cuoco di origini veneziane nel resort di campagna alle porte di Padova.
Una “bussola” che segnala 200 ristoranti, 30 pizzerie, 40 vini e 35 prodotti tipici
La guida “arancione” (dal colore della sua inconfondibile copertina) è stata presentata alle Cantine Ferrari di Trento, nel tempio delle bollicine dei Lunelli. La nuova edizione. la quindicesima della serie, celebra l’eccellenza culinaria dell’area del Triveneto in tutte le sue sfumature, con una selezione di 200 ristoranti, 30 pizzerie, 40 vini e 35 prodotti tipici. Con un’appendice dedicata anche all’Istria, dove si conserva un forte legame culturale con il Triveneto e il Veneto in particolare. Un utile vademecum per i ghiottoni.
La guida, diretta da Luigi Costa, curata da Gianluca Montinaro ed edita da Post Editori, si è confermata come un vero e proprio racconto del patrimonio enogastronomico dell’area che va dal Trentino-Alto Adige all’Istria. Con le sue recensioni - ripetiamo 200 ristoranti, 30 pizzerie, 40 vini e 35 prodotti tipici selezionati - la guida si riafferma come punto di riferimento per gli amanti della buona tavola. E anche per gli appassionati del vino e dei prodotto artigianali di qualità.
L’edizione 2025 di Venezie a Tavola (e delle altre quattro guide ‘sorelle’: Emilia- Romagna a Tavola, Milano e Lombardia a Tavola, Piemonte a Tavola, Toscana a Tavola) si propone, ancora più e ancora meglio di quella targata 2024, di tracciare – attraverso le parole – un racconto del buono e del bello di queste regioni.
"Un racconto – sottolineano Costa e Montinaro – il più possibile attento e veritiero che del gusto e dei prodotti, dei territori e delle tradizioni, delle capacità dei singoli e dell’entusiasmo delle comunità, metta in luce tanto gli elementi fondamentali quanto le espressioni particolari. Un intento ambizioso, certo. Ma pure affascinante perché, attraverso tavole, vini e prodotti tipici, si viene a disegnare un ampio affresco che non è solo un elenco di locali, nomi ed etichette. Ma una descrizione a tutto tondo delle culture enogastronomiche regionali”.
Premiato il lavoro quotidiano e la passione di chi è in cucina tutti i giorni
A far da discrimine, che siano ristoranti blasonati piuttosto che osterie di campagna, insegne di recente apertura piuttosto che indirizzi secolari, sempre e solo un parametro: l’eccellenza nella qualità. “È proprio questa che cerchiamo e narriamo in questa guida – aggiungono Costa e Montinaro -, tentando di evidenziare la passione di chi tutti i giorni lavora ai fornelli, l’impegno di coloro che quotidianamente si dedicano all’accoglienza e al servizio, la fatica di chi coltiva ortaggi e frutta, alleva animali, fa vino. È un racconto il nostro che, senza dare voti o fare classifiche, intende presentare, in modo sereno e pacato, ciò che – a nostro giudizio – è il ‘meglio’, qualitativamente parlando, di queste nobili e ricche regioni. Si è più e più volte letto, in questi ultimi due anni, di come il mondo della ristorazione stia cambiando. Delle difficoltà nelle quali si dibatte il settore più alto: quello del cosiddetto fine dining. Di famosi ristoratori costretti a chiudere i loro locali. E di altrettanto famosi chef obbligati a rimodulare in modo radicale la propria proposta. Quasi – secondo tutti questi vaticini e oracoli – un De profundis di un mondo luccicante e rarefatto, ma sostanzialmente incapace di adattarsi al tempo che passa e alle esigenze che mutano”.
Un concetto da approfondire questo. “Ecco, appunto – aggiungono Costa e Montinaro -, il tempo e le esigenze. Il primo pare richiamarci tutti a una maggiore responsabilità, a una più profonda consapevolezza nel comportamento e nelle abitudini. Le seconde, che dal primo dipendono, sembrano indirizzarci verso una maggiore ‘concretezza’. All’atto pratico – sia che si prediligano i piatti più creativi sia che si preferiscano invece quelli più tradizionali – e, si badi bene, si possono benissimo amare entrambi! – gli avventori, tutti, i più smaliziati come i più inesperti, non sono più disposti a pagare, poco o tanto che sia, per ‘finti’ piatti senza gusto, preparati con ‘finte’ materie prime di scarsa qualità, presentati con ‘finti’ discorsi su ‘finti’ orti dello chef e ‘finte’ esperienze compiute nelle cucine di famosi locali all’altro capo del mondo”.
Un certo storytelling ha annoiato e la semplicità torna un valore
E qui ecco l’affondo critico dei due massimi responsabili della guida “Venezie a tavola 2025”: “Diciamolo chiaramente: lo storytelling sul quale tanta, o presunta, alta ristorazione è vissuta per anni ha annoiato. Come ha stancato la pietanza eccessivamente elaborata, che si rivela alla fine essere senza mordente. È una sfida di verità quella che attende adesso gli alfieri della ristorazione italiana, quelli che raccontiamo: perché quel che conta oggi è essere semplici, come più volte ha detto uno dei padri della moderna ristorazione francese: Paul Bocuse. È nella nitidezza di aromi e sapori che appare la qualità della materia prima. È nella chiarezza della costruzione che il gusto viene esaltato. È nella immediatezza delle percezioni che il palato viene stimolato e soddisfatto. Non certo nell’utilizzo smodato di accenti acidi e note amare. Né di sicuro nell’impiego ripetitivo di spezie invadenti. Né ancora nell’uso eccessivo di pratiche fermentative e di estenuate frollature. Né infine nell’applicazione di tecniche soverchianti che annullano profumi, consistenze, sapori. Il gusto – ce lo ha insegnato giusto duecento anni fa Anthelme Brillat-Savarin, con la sua Physiologie du gôut – è una ‘cosa’ assai seria. E come tutte le ‘cose’ serie va coltivato e curato, perché anch’esso ha regole che, benché mutino col tempo, non sono effimere e non seguono le mode. Così cercano di fare anche le cinque Guide a Tavola: pubblicazioni che, raccontando il buono e il bello della cucina, si propongono come Baedeker dei veri e onesti piaceri della tavola. Vademecum per golosi impenitenti, sì. Ma, più in generale, per tutti coloro che, attraverso l’eccellenza del gusto, vogliono conoscere l’animo intimo di alcune delle più belle regioni della nostra Italia".
Tanti premi assegnati e tante anche le curiosità da cogliere fra le righe. La guida costa 20 euro ed è ordinabile anche on line.
RISTORANTE DELL'ANNO
insignito del premio Santi
Giacomo Sacchetto
Iris Ristorante a Palazzo Soave di Verona
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