A Padova la ricerca per realizzare il cuore unisex
PADOVA. Si sta svolgendo a Padova una delle ricerche che potrebbe cambiare il futuro della cardiochirurgia internazionale. L’équipe di Gino Gerosa, responsabile del reparto di Cardiochirurgia dell’Azienda Ospedaliera di Padova, sta lavorando per creare il “cuore artificiale unisex” trapiantabile in uomini, donne e giovani. Si differenzia dagli impianti già esistenti per tre caratteristiche: aspira ad essere duraturo nel tempo, di dimensioni ridotte e soprattutto biocompatibile. Tutto ciò sarà possibile perché il cuore artificiale, originariamente composto solo da parti meccaniche, verrà ricoperto da biomateriali altamente tollerati dal corpo umano.
Il progetto di ricerca è a buon punto, ma è ancora in via di sviluppo. Gli scienziati sono bloccati a causa della carenza di fondi. «Con cinquanta milioni di euro potremmo arrivare in soli cinque anni al risultato», dichiara il professor Gino Gerosa, «il finanziamento serve per pagare il gruppo di ricercatori e ad acquistare i materiali e le strumentazioni necessarie. Sviluppare un cuore artificiale definitivo e autonomo, tutto italiano, sarebbe una grande soddisfazione. Ma come sempre nel campo della ricerca scientifica i finanziamenti diventano fondamentali».
Qualcuno intanto ci sta già provando. In Francia l’azienda Carmat, fondata da un chirurgo di fama internazionale, ha prodotto il primo cuore artificiale autonomo al mondo: una bioprotesi interamente impiantabile. Il primo trapianto del modello francese è stato eseguito alla fine del 2013 su un paziente di 76 anni in gravi condizioni che è deceduto due mesi e mezzo dopo. Il secondo trapianto è avvenuto nell’agosto del 2014 ma anche in questo caso il paziente 69enne è morto all’inizio di maggio 2015. Un terzo paziente è stato operato nell’aprile scorso.
La ricerca padovana potrebbe aprire nuovi orizzonti per i tanti pazienti in attesa di trapianto di cuore. «Il nostro progetto si concentra su due fronti», specifica Gerosa, «da un lato ci stiamo specializzando nella produzione di biotessuti utili a ricoprire l’impianto, dall’altro stiamo sviluppando un motore del cuore, chiamato attuatore, assolutamente innovativo. Il tutto in dimensioni contenute. Per impiantarlo nella cassa toracica sarà sufficiente uno spazio di 8 centimetri circa. Avrà dei speciali sensori, un motore elettrico lineare miniaturizzato e funzionerà grazie ad un sistema transdermico di trasmissione dell’energia».
Ad oggi, i cuori artificiali comunemente utilizzati hanno dei limiti: sono grandi, pesanti e rumorosi. Inoltre, sono efficaci solo per un tempo limitato (fanno da ponte al trapianto d’organo). Queste caratteristiche non li rendono adatti ad essere impiantati in donne e adolescenti, perché necessitano di uno spazio toracico ampio. Il cuore padovano ha l’ambizione di risolvere le criticità. «La superficie interna dei ventricoli del cuore artificiale sarà rivestita con pericardio bovino, modificato in laboratorio», aggiunge il cardiochirurgo, «in sostanza, gli scienziati tolgono dalle cellule del tessuto le informazioni dell’animale e le sostituiscono con quelle del paziente. La tecnica si chiama decellularizzazione. Così, il corpo tende a percepire meno l’impianto come estraneo. Conseguentemente si abbassa il rischio che il sangue si fermi e coaguli causando trombosi». L’équipe del professor Gerosa è composta da quindici persone tra biologi, cardiochirurghi, medici internisti, ingegneri e dal 1992 lavora nel settore della Medicina rigenerativa cardiovascolare.
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