Accademia, partito il restauro su Sant’Orsola

Dopo il ciclo del Veronese nella chiesa di San Sebastiano - il cui restauro si avvia ormai alla conclusione - quello monumentale di Carpaccio delle Storie di Sant’Orsola nelle Gallerie dell’Accademia. È la nuova missiondi restauro a Venezia che si è dato - d’intesa con il Ministero dei Beni Culturali e la Soprintendenza per il polo museale veneziano - il comitato di salvaguardia statunitense “Save Venice”, il più attivo in laguna, che adesso entra nel vivo. Il grandioso ciclo pittorico che Vittore Carpaccio eseguì tra il 1488 e il 1495 per la Scuola di Sant’Orsola è una delle opere-simbolo delle Gallerie dell’Accademia. Per concepirlo, Carpaccio si ispirò alla “Legenda aurea” di Jacopo da Varazze che narrava appunto la storia di Orsola, figlia del cristiano re di Bretagna, mandata in sposa al pagano Etereo a patto che il futuro sposo si convertisse e andasse con la sposa in pellegrinaggio a Roma. Della triste storia d’amore e di morte, Carpaccio dipinse le scene più dinamiche e corali, con l’arrivo degli ambasciatori del re pagano di Inghilterra alla corte del re cristiano di Bretagna per chiedere in mano sua figlia Orsola. E, ancora, le condizioni dettate da Orsola per accettare il matrimonio, gli addìi e la partenza per il pellegrinaggio da lei voluto, il sogno in cui la Santa riceve l’annuncio del prossimo martirio, fino agli ultimi teleri del ciclo. L’incontro con papa Ciriaco a Roma, il ritorno a Colonia occupata dagli Unni, la strage dei pellegrini e i funerali di Orsola e, infine, l’apoteosi della Santa che sovrasta la moltitudine delle martiri. Tutto ciò inserito dall’artista nella straordinaria quotidianità di un mondo di ambientazione veneziana, con le sue logge, i suoi palazzi, le sue banchine, le sue piazze. I teleri di Sant’Orsola hanno subìto in passato molte vicissitudini. Dovendo tra pochi mesi iniziare il restauro anche del primo piano delle Gallerie dell’Accademia e della sala che ospita il ciclo di Sant’Orsola, allestita nel secondo dopoguerra da Carlo Scarpa, si è deciso - d’intesa con “Save Venice” che finanzierà il restauro - di affrontare quindi il problema del restauro totale dei teleri di Carpaccio già preceduto da un anno di studi preparatori e indagini preliminari eseguiti dall’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro e dal Laboratorio interno del Polo museale veneziano alla Misericordia. Il primo dei teleri, l’Arrivo a Colonia, è ancora in restauro a Roma e proprio l’intervento compiuto su di esso e i suoi risultati, resi noti ieri, saranno il punto di riferimento per gli altri restauri. Con il restauro, i restauratori dell'Iscr (Istituto Superiore conservazione e restauro) hanno scoperto la tecnica rivoluzionaria ideata dall'artista rinascimentale per dare vita a grandi cicli pittorici su tela invece che su tavola o affresco. Dei nove dipinti del ciclo “L’arrivo a Colonia” è stato l’ultimo a essere realizzato e documenta la maestrìa cui era in breve tempo pervenuto il pittore. Se il motivo principale del restauro è stato il recupero pittorico del telero, alterato dalle vernici usate per la conservazione che, ormai ingiallite, ne avevano offuscato la brillantezza l’interesse degli esperti era rivolto anche alla struttura. Le analisi hanno indicato diversi pentimenti (alcuni visibili tuttora a occhio nudo), ma soprattutto, hanno permesso di individuare in che modo il Carpaccio riuscisse per primo a dipingere su tela. «Fino ad allora i maestri rinascimentali eseguivano i loro lavori su tavola o a fresco, però» ha spiegato la restauratrice Anna Maria Marcone «in particolare a Venezia la pittura per la troppa umidità non teneva e i risultati finali erano deludenti». Ecco dunque che l’artista riesce a creare un nuovo legante, non più solo costituito da tempera a uovo, usata principalmente per le tavole, bensì mescolata con l’olio e in grado da rendere la materia meno dura, più duttile e quindi resistente ai danni dell’umidità. Inizierà invece quest’estate il restauro del secondo dei teleri del ciclo di Sant’Orsola, l’“Arrivo degli ambasciatori inglesi”, e poi si procederà nel tempo con gli interventi sulle opere successive.
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