Accessi e tangenziali sono un groviglio: a Padova tutti in coda, sconsolatamente

Le strozzature della statale Valsugana e il Grande raccordo anulare che non si realizza costituiscono i nodi di un sistema viario inadeguato, non da ieri
Francesco Jori

PADOVA. Tutti in coda, sconsolatamente. Mobilità, per gli automobilisti padovani come per quelli che comunque devono raggiungere la città o attraversarla, è un concetto che nelle ore di punta si misura in una manciata di chilometri l’ora; a piedi si farebbe prima.

Vale per gli accessi principali, da nord (Arcella-San Carlo) a sud (Bassanello-Guizza), da est (Venezia-nodo Stanga) a ovest (Vicenza-nodo Chiesanuova). Né va meglio per il sistema delle tangenziali, dove incolonnarsi ogni santa mattina e sera è ormai la regola. Qualcosa è stato fatto e si sta facendo; ma sostanzialmente l’impianto del sistema rimane quello impostato negli anni Settanta dall’allora sindaco Ettore Bentsik. E anche per chi comunque riesce ad approdare all’area centrale cittadina, rimane l’incubo del parcheggio.

La linea del tram tra Pontevigodarzere e la Guizza ha dato un po’ di respiro a una viabilità asfittica; ancora di più ne concederanno le altre due linee in programma (Stazione ferroviaria – Voltabarozzo, progetto di cui si parla da quindici anni e che solo ora decolla, e Vigonza-Rubano appena messo in cantiere). Ma gioverà solo al traffico interno, non a quello esterno.

Qui l’anello delle tangenziali, a suo tempo modernissimo ma rimasto comunque incompiuto, vede il suo futuro appeso al discusso destino dell’ormai vetusto Gra (Grande raccordo anulare): si cominciò a parlarne nel 2000, nel 2004 l’opera venne inserita nel piano regionale dei trasporti. Poi, tutto bloccato in uno sfibrante rimpallo di incartamenti, polemiche, distinguo.

Finalmente nell’aprile scorso è stato presentato alla Regione il progetto, ma i nodi sono tutt’altro che sciolti: toccherà a Venezia sbrogliarli, se ne sarà capace. L’idea è di dar vita a un nuovo anello di viabilità attorno a Padova, separando i flussi di traffico pesante da quello locale, e attivando un collegamento con la zona industriale, la statale Romea e l’area di Marghera.

Al momento, la rete operante è di una quarantina di chilometri, con 21 uscite nel territorio comunale di Padova, e un prolungamento a nord-ovest fino a Limena. Se e quando il sistema diventerà operativo, resta una domanda sospesa.

Ancora peggio va per chi da Padova vuole o deve muoversi sui quattro punti cardinali; di cui quello a nord è di gran lunga il più critico. La statale Valsugana, di remota origine, fortunatamente per chi la percorre è caratterizzata da lunghi tratti a quattro corsie, peraltro in larga maggioranza nel territorio trentino; in quello veneto è strangolata da alcune strozzature, specie nell’area di San Nazario-Carpanè, nel Vicentino.

Se ne ragiona da una vita, e nel 2011 la Regione aveva anche annunciato in pompa magna l’idea di un’autostrada peraltro in partenza da Bassano; oggi, molto più modestamente, si parla di aggredire i nodi prima indicati con una soluzione in sotterraneo, e comunque le due Province di Vicenza e Trento hanno dato vita a un tavolo operativo; quella trentina, inoltre, ha da poco deciso il raddoppio di uno dei pochi tratti critici del suo territorio, tra Castelnuovo e Grigno, con un intervento da 86 milioni. Il calvario resta per i padovani, che per raggiungere Bassano (dove tra l’altro è possibile il collegamento alla nuova Pedemontana) devono affrontare le pene dell’inferno.

In teoria, avrebbero un’alternativa nella Statale del Santo, tra la città e Castelfranco; ma “pezo el tacòn del sbrego”, come si dice in dialetto. Variante alla vetusta strada onomima, partorita dopo un estenuante dibattito di anni, realizzata con due sole asfittiche corsie, oggi rappresenta uno dei punti più neri dell’intera viabilità regionale, con un devastante mix di intasamenti, polemiche e criticità.

Già era nata male: suddivisi i cantieri in tre tronconi, si era partiti non col primo o il terzo, ma con quello di mezzo; rimasto a lungo una terra di nessuno, utilizzata più che altro per comoda alcova notturna a cielo aperto. E’ proseguita peggio, e oggi affrontarla è un terno al lotto; lo diventerà ancora di più quando la nuova Pedemontana veneta diventerà operativa al cento per cento: perché raggiungerla, o uscire da lì per puntare su Padova, vorrà dire infilarsi in un autentico percorso di guerra.

Anche qui, altrove delle soluzioni si stanno cercando: nel 2018, i sindaci del Trevigiano hanno spuntato la soluzione di una bretella tra la nuova arteria e Loria, ipotizzando anche un raccordo con la Valsugana. Ancora una volta, a mancare all’appello è Padova: dove grandinano le polemiche dopo ogni incidente di rilievo, associate a solenni impegni di elaborare una soluzione alternativa per ammodernare la nuova-vecchia statale. Che intanto rimane appesa al nome con cui è designata: del Santo. Sant’Antonio, pensaci tu.

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