Addio a Maazel il gigante del podio amico della Fenice

A dicembre celebrò il decennale del teatro Si è spento a 84 anni nella sua casa in Virginia
Il maestro Lorin Maazel sul podio del Gran Teatro La Fenice, durante la cerimonia per il decennale della ricostruzione, stasera 14 dicembre 2013. ANSA/ANDREA MEROLA
Il maestro Lorin Maazel sul podio del Gran Teatro La Fenice, durante la cerimonia per il decennale della ricostruzione, stasera 14 dicembre 2013. ANSA/ANDREA MEROLA

Il mondo della musica piange Lorin Maazel: il celebre direttore d’orchestra, ex bambino prodigio, che ha guidato la New York Philharmonic, la Cleveland Orchestra e l’Opera di Stato di Vienna, è morto ieri nella sua casa Castleton, in Virginia. Era nato a Neuilly-sur-Seine in Francia, da una famiglia di musicisti ebrei americani, e aveva 84 anni. È morto a causa di una polmonite, ha detto una portavoce della famiglia, Jenny Lawhorn, citata dal New York Times, che definisce Maazel «brillante, intenso e enigmatico direttore d’orchestra», affermando che era un esempio di «contraddizioni», poiché «suscitava forti sentimenti - favorevoli e non - tra i musicisti, amministratori, critici e pubblico».

La morte lo ha colto nel mezzo del festival che assieme alla moglie, Dietlinde Turban-Maazel, aveva fondato a Castleton Farms. Secondo quanto ha affermato la direttrice esecutiva del festival Nancy Gustafson, citata dal Washington Post, Maazel aveva però di recente iniziato a soffrire di una malattia inspiegabile, in seguito a un collasso avuto per la fatica dopo una serie di viaggi la scorsa primavera tra Asia, Europa e America del Nord per dei concerti di alto livello.

Il 12 giugno aveva lasciato, per motivi di salute, la direzione della Filarmonica di Vienna.

Maazel iniziò a studiare violino all’età di cinque anni e a otto già si esibiva in pubblico: esordì alla guida dell’orchestra universitaria proprio a otto anni. Nel 1941 diresse, su invito di Arturo Toscanini, anche la National Broadcasting Corporation Symphony Orchestra. «God bless you!», disse Toscanini al musicista bambino, che aveva appena visto dirigere. «Dio, ti benedica!», ripetè toccandogli la spalla. «Dopo di allora non incontrai più Toscanini, ma quel breve incontro mi ha segnato», raccontò Maazel, che nel 2006 divenne direttore musicale dell’orchestra Symphonica Toscanini, con sede nel Teatro Arcimboldi di Milano.

Con l’Italia, e con Venezia in particolare, o ebbe un rapporto intenso.

«Con la scomparsa di Lorin Maazel muore un grande amico di Venezia e del teatro La Fenice» è il ricordo di Cristiano Chiarot, sovrintendente della Fenice. Proprio alla Fenice, il 14 dicembre scorso c’era stata l’ultima apparizione in Italia, in occasione del concerto per il decennale della riapertura del teatro veneziano distrutto nel 1996 da un furioso incendio. Lo stesso Maazel aveva inaugurato nel 2004 la riapertura della Fenice dirigendo la Traviata di Giuseppe Verdi. «Ricordo» dice Chiarot «il suo affetto per il nostro teatro che avrebbe dovuto concretizzarsi in altri progetti futuri, ricorderemo sempre oltre alle sue straordinarie doti musicali l’affettuosità del suo sorriso». Maazel aveva trascorso parte della giovinezza proprio a Venezia e di questo andava fiero e La Fenice, come ricorda il sovrintendente, era da lui ritenuto uno dei suoi teatri preferiti.

È salito anche sul podio della Filarmonica della Scala per decine di concerti, divenendone socio onorario. Nel 2011 divenne inoltre consulente musicale della Fondazione lirico sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari. Nella sua lunghissima carriera, Maazel ha diretto oltre 150 orchestre, trovando anche il tempo di studiare matematica e filosofia e imparare cinque lingue: oltre al francese, parlava fluentemente anche l’inglese, l’italiano, il portoghese, lo spagnolo e il tedesco. E ancora, Lorin Maazel è stato anche un compositore. Nel 2005 presentò la sua opera «1984», ispirata dal celebre libro di George Orwell, la cui prima fu rappresentata al Royal Opera House di Londra, a Covent Garden. Ma i critici non erano teneri con lui.

Il Washington Post, annunciandone la morte, definisce Maazel «un titano che regnava sul podio con freddo, penetrante splendore tecnico».

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