Addio al “capitano” Damiano Zugno, 31 anni

SCORZÈ
Ci sono cose che non si spiegano, come la morte di giovane di 31 anni, amante del calcio, della vita, dello studio. «Qualcuno si potrebbe chiedere “ma chi te lo fa fare?”. Solo la passione: il mio vestito migliore è la maglietta che indosso la domenica con la fascia di capitano. Quello che porto in settimana serve solo a coprirsi». Così si era raccontato Damiano Zugno, che si era ripreso in mano la vita, dopo il malore che lo portò in sala operatoria per lottare contro un carcinoma cerebrale. Invece quel brutto male alla testa è tornato, più aggressivo che mai, e non gli ha lasciato scampo ieri all’ospedale Ca’ Foncello di Treviso.
Stavolta, il salvataggio in extremis non gli è riuscito. Lui, difensore centrale, classe 1988, avrebbe compiuto gli anni il 4 agosto. Residente a Rio San Martino, è figlio di Giuliano, per una decina d’anni consigliere comunale a Scorzè nel Pd. La sua storia nasce come quelle di tanti altri suoi coetanei con la passione di correre dietro a un pallone. Inizia nei campi della zona, vestendo le maglie Venezia, Cittadella, Mestre, Suzzara, Calvi Noale, Real Martellago, Spinea, Istrana e Zero Branco. Il punto più alto lo visse a Mantova, quando collezionò pure una presenza in Serie B, a Rimini il 5 aprile 2008. Con i romagnoli finì 1-1 e Zugno neppure terminò la partita: espulso per doppia ammonizione.
Poi, come capita a tanti ragazzi, un infortunio, nel suo caso da stress al quinto metatarso, gli fa cambiare la strada della vita. La passione rimane intatta ma Damiano ne approfitta per studiare, arrivando alla laurea in Storia, che gli consente di trovare un posto come professore all’istituto paritario Galilei di Treviso. Nel 2017 aveva scoperto la malattia: tumore al cervello. Da ragazzo grintoso, si era rimboccato le maniche per vincere questa partita, quella più difficile, quella della vita. Era stato operato, era tornato in campo quattro mesi dopo essere finito sotto i ferri. Un esempio, di volontà, di passione, di voglia di reagire. A luglio scorso, era tornato al Real Martellago, nel girone B del campionato d’Eccellenza; il presidente Claudio Franzoi gli aveva rimesso la fascia di capitano al braccio, lasciata nel 2015 per andare a Spinea, dove vi è rimasto due anni prima di trasferirsi a Istrana.
Damiano aveva la solita professionalità, aveva fatto la preparazione con i suoi nuovi-vecchi compagni ma a novembre chiamò la società per comunicare la decisione di lasciare. Andò a Zero Branco, per lavorare con l’allenatore e giocare qualche scampolo di gara. Sino a febbraio, quando i campionati sono stati sospesi per l’emergenza sanitaria e non è più ritornato in campo. Qualche giorno fa, il quadro clinico è peggiorato; a Pasquetta i genitori hanno chiamato l’ambulanza per l’aggravarsi del male. È entrato in coma. A Rio San Martino, per stare vicino a lui e alla famiglia, c’è chi aveva organizzato la recita del rosario in videoconferenza. Era coordinata da don Antonio Guidolin, responsabile della pastorale della Salute della diocesi di Treviso. Oltre a papà Giuliano, Damiano lascia la mamma Carla e le sorelle Francesca e Claudia. E con loro tante persone che hanno scritto e inviato un mare di messaggi: “Ciao capitano”. —
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