Addio Anita Ekberg musa e prigioniera della “Dolce Vita”

Si è spenta a 83 anni, ormai sola e ridotta in povertà l’attrice che Fellini trasformò in icona a Fontana di Trevi
Di Michele Gottardi
Actress Anita Ekberg poses for a photo prior the presentation of the restored version of the film 'La Dolce Vita' (The Sweet life) at the Rome International Film Festival in Rome, Italy, 30 October 2010. ANSA/CLAUDIO PERI
Actress Anita Ekberg poses for a photo prior the presentation of the restored version of the film 'La Dolce Vita' (The Sweet life) at the Rome International Film Festival in Rome, Italy, 30 October 2010. ANSA/CLAUDIO PERI

di Michele Gottardi

Purtroppo, della sua carriera di attrice, di Anita Ekberg si ricorda solo l’eroticissimo richiamo “Marcello, come here!” nella “Dolce vita” di Fellini. Elevata a icona di un’epoca, Anitona, come la chiamava il grande Federico, è soprattutto la sequenza in cui si aggira, gattino bianco in testa, tra i vicoli di una Roma seducente e notturna, fino a sbucare davanti alla fontana di Trevi, pronunciando un “my goodness!” che ha fatto la storia del cinema quanto l’abbraccio con un Mastroianni più stranito che mai. Eppure la vita di Anita Ekberg, svedese di Malmö, è stata molto di più, sia sullo schermo che fuori. Della sua vicenda artistica vanno ricordati senz’altro gli esordi quando, Miss Svezia 1950, raggiunse Hollywood, dove iniziò come spalla di comici come Gianni e Pinotto (“Viaggio sul pianete Venere”, 1953) o Jerry Lewis e Dean Martin (“Artisti e modelle”, 1955; “Hollywood o morte”, 1956), meritandosi anche un Golden Globe come miglior attrice emergente, che le apre le porte di un colossal come “Guerra e pace” (King Vidor, 1956).

Dopo alcuni peplum sul Tevere la sua bellezza travolgente viene elevata a icona definitiva da Fellini, che nella “Dolce vita” la dà il ruolo di Sylvia e un’immortalità che a lungo andare le si ritorcerà contro. Ma in quegli anni Sessanta tutti la cercano e la vogliono, Frank Sinatra su tutti, con cui ebbe una liaison tra i due matrimoni con i due attori Anthony Steel e Rick van Nutter : “the Voice” le fece una promessa di matrimonio che Anitona declinò. Tra i flirt che le accreditano ce n’è anche uno con Gianni Agnelli e uno, più sicuro, con Dino Risi. È il periodo in cui Ekberg decide di trasferirsi in Italia, grazie ai numerosi film di registi nostrani, da Alberto Sordi che la vuole al suo fianco in “Scusi, lei è favorevole o contrario” (1966) o Vittorio De Sica per “Sette volte donna”. Tornò a essere icona felliniana in “Boccaccio ‘70” (1962), film a episodi diretti da Monicelli, Visconti, De Sica e, appunto Fellini, che firma “Le tentazioni del dottor Antonio” in cui Anitona, ancora una volta sotto l’abile firma di Ennio Flaiano e Tullio Pinelli, è l’incubo di un moralista come Peppino De Filippo.

Pian piano la sua immagine di sex symbol si stemperò nel cinema godereccio degli anni Settanta o B-movie in cuiappariva sempre più morbida e prosperosa, come nella copertina di “Playmen”. Le brevi apparizioni da caratterista non le resero il dovuto omaggio. Dopo “Il conte Max” (Christian de Sica, 1991) e “Cattive ragazze” (Marina Ripa di Meana, 1992) fu il catalano Bigas Luna a renderle il servizio peggiore nel discusso “Bambola” (1996), in cui è la madre (morta) di Valeria Marini. Gli ultimi anni sono stati travagliati: come Anouk Aimée, o Laura Antonelli, anche Anita Ekberg dovette chiedere aiuto alla Fondazione Fellini per superare una situazione di indigenza che non le faceva più contare, nella clinica di Rocca di Papa dove è scomparsa ieri, neanche nel sollievo di una torta.

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