Affitti in nero, evasione milionaria

PIOVE DI SACCO. Un’evasione fiscale da quasi un milione e mezzo di euro scoperta dalla Guardia di finanza di Padova: è il frutto di quasi un anno di indagini a carico della società Immobiliare Edile Beato srl, con sede a Padova, di cui è amministratore unico Arnaldo Gobbo, 75 anni, che vive in via Campagnola a Brugine. Secondo il quadro ricostruito dai finanzieri la società e gli stessi soci, oltre ad Arnaldo Gobbo anche la moglie e i tre figli, costruttori e amministratori di circa 500 unità immobiliari di loro proprietà, di cui quasi 350 appartamenti dati in affitto che si trovano a Piove di Sacco, Brugine e Pontelongo. Il sistema collaudato per raggirare il fisco era semplice: a fronte di un contratto registrato per un certo canone mensile, l’inquilino pagava esattamente il doppio. Ovviamente in contanti per non lasciare traccia dei pagamenti. La maggior parte degli affittuari, come emerge dai verbali della Finanza, sono cittadini stranieri.
Le indagini . La verifica fiscale a carico della società Immobiliare Edile Beato srl scatta nel giugno del 2014 quando nel corso dei controlli di routine effettuati dalla Guardia di finanza incrociando banche dati, bilanci societari e contratti, sono emerse macroscopiche incongruenze nella contabilità della famiglia Gobbo e della società di cui è amministratore unico il capofamiglia Arnaldo. I finanzieri hanno sentito odore di evasione fiscale e hanno quindi deciso di passare al setaccio la gestione delle numerose proprietà immobiliari in parte intestate alla società, in parte ai singoli componenti della famiglia. La verifica fiscale copre il quinquennio compreso tra il 2010 e il 2015. Sotto la lente dei finanzieri sono passati circa 300 contratti di affitto stipulati nell’arco del quinquennio o anche precedentemente ma ancora in corso tra il 2010 e il 2015.
l modus operandi. I “Beato”, come sono noti nel Piovese i Gobbo, sono i primi a cui si viene indirizzati quando si cerca un alloggio in affitto e non si vuole passare per un’agenzia immobiliare. Meno oneri da pagare e canoni mediamente più contenuti rispetto al mercato gestito dalle agenzie. La trattativa per affittare un appartamento verterebbe secondo i riscontri della Finanza su un principio base che è poi il cardine su cui ruota l’evasione scoperta: si registra un contratto di affitto per un certo canone mensile e l’affittuario si impegna a corrispondere in realtà il doppio. Pagando rigorosamente in contanti, per non lasciare tracce. I finanzieri, sentendo più di un centinaio di affittuari, hanno avuto conferma che chi aveva un contratto di affitto da 200 euro mensili – quello più frequente fra quelli “spulciati” - in realtà ne sborsava 400. I canoni “ufficiali” oscillavano da 180 a 250 euro al mese, a seconda delle dimensioni e delle condizioni degli immobili, ma quelli reali corrispondevano al doppio. In questo modo società e famiglia dichiaravano esattamente la metà di quanto in realtà non entrava nelle loro casse.
L’evasione. Nel corso dei dieci mesi di indagini, la Finanza ha documentato un’evasione pari a poco meno di un milione e mezzo di euro tra il 2010 e il 2015, per circa 300 mila euro l’anno. Solo di differenza di imposta di registro, che è pari al 2% del canone indicato nel contratto di affitto, sono contestati 19 mila euro. Ai Gobbo ora spetta decidere se aderire al verbale redatto dai finanzieri, impegnandosi a pagare le imposte dovute, pari a circa 300 mila euro. Oppure, contestandolo, avviare un contenzioso con l’Agenzia delle Entrate. Strada che, data la meticolosità delle indagini e dei riscontri raccolti, rischia in realtà di rivelarsi più che mai insidiosa.
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova