Aggressioni in corsia, medico minaccia i colleghi in ospedale: censurato dall’Ordine

Un episodio di tensione al Pronto Soccorso di Schiavonia vede coinvolti medici come pazienti e protagonisti di condotte intimidatorie

Simonetta Zanetti
Il Pronto soccorso di Schiavonia
Il Pronto soccorso di Schiavonia

È una realtà ingegnosa quella che di questi tempi riesce a superare la fantasia. È così, dopo le aggressioni ai medici da parte di pazienti, familiari e amici degli stessi, a male parole, con armi riconosciute o improvvisate all’uopo, ecco che anche i medici (alcuni), quando si ritrovano dall’altra parte della barricata o nei suoi dintorni, finiscono per dimenticare i principi che ispirano la loro professione prima ancora del buonsenso e si fanno loro stessi aggressori e minacciosi nei confronti dei colleghi.

Tutto inizia ai primi di ottobre quando, durante un momento conviviale a elevato tasso di medici nella Bassa, uno di loro cade in una bocca di lupo e si ferisce alla testa: a prestargli il primo soccorso, in attesa dell’arrivo dell’ambulanza, è un collega presente alla festa.

È questo l’inatteso prologo di una notte di confusione e tensioni al Pronto Soccorso di Schiavonia, cui seguiranno strascichi – segnalazione all’Urp dell’ospedale ed esposto all’Ordine dei Medici di Padova da parte del paziente nei confronti dei colleghi dell’emergenza che lo hanno preso in carico in ospedale – e colpi di scena.

L’ultimo capitolo di questa storia racconta, infatti, un provvedimento disciplinare disposto da parte dell’Ordine a carico del medico-amico che ha prestato il primo soccorso durante la festa, per violazione del codice deontologico, ovvero aver tenuto un atteggiamento inopportuno, irrispettoso e intimidatorio nei confronti del personale di Pronto Soccorso.

È successo – di nuovo – quanto troppo spesso riportato dalla cronache, pur con protagonisti insospettabili: paziente soccorso, affidato alle cure dei sanitari che non vengono condivise dai congiunti nella forma oltre che nella sostanza.

La differenza è che questa volta, a recitare il ruolo dei “giustizieri” sono medici con livello dirigenziale che più di chiunque dovrebbero saper riconoscere il tema delle intimidazioni e delle minacce alla categoria.

Ci sono state le lamentele del medico-paziente, pur iscritto ad altro Ordine, che rivendica il mancato rispetto in quanto “collega” prima ancora che “malato”, stila una classifica di priorità rispetto ad altri pazienti e chiama in causa pure la moglie, anch’essa medico in un ospedale diverso, presente ma messa in condizione di non assisterlo.

Tutti addebiti sminati a suon di cartelle cliniche dalla relazione del primario del Pronto Soccorso. Ma non finisce qui: a far scattare l’intervento dell’Ordine dei Medici di Padova, è il comportamento del medico-amico che aveva soccorso il collega: secondo quanto stabilito, dopo non essere riuscito né a parlare con i sanitari che avevano preso in carico il paziente né a far eseguire la Tac, ha annunciato di voler richiedere l’intervento dei carabinieri: tutto riportato nell’esposto del paziente e confermato anche nella memoria del medico finito sotto procedimento disciplinare, che per parte sua ha derubricato l’accaduto a un’esasperata esternazione.

A fronte di un film ormai visto con troppa frequenza in corsia, a essere giudicato censurabile è stato il protagonista di questo episodio: non solo per l’atteggiamento del medico che con il suo comportamento ha contravvenuto a una serie di articoli del codice deontologico, arrivando a essere intimidatorio nei confronti del collega, ma poiché non ha manifestato consapevolezza delle conseguenze che questo tipo di atteggiamento da parte di un medico può determinare nei non addetti ai lavori, soprattutto in una situazione come quella attuale, così di frequente caratterizzata da attacchi verbali – e non solo – al personale sanitario, a partire proprio da quello impegnato nell’emergenza urgenza. 

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova