Ai giovani non è più chiesta conoscenza ma creatività e imprenditorialità
PADOVA. Soddisfare le richieste immediate di tecnici specializzati da parte delle aziende del territorio e disegnare l’Università del futuro. Questa sarà sempre più chiamata a disegnare percorsi formativi che oltre alle competenze siano in grado di stimolare la creatività e l’imprenditorialità degli studenti anche durante il loro percorso lavorativo.
Oggi troviamo che da un lato ci sono aziende che non trovano personale adeguatamente formato, dall’altro una “sovra istruzione” dei laureati che non trovano collocazione adeguata nelle aziende del territorio. E troppo spesso vanno all’estero.
“E’ un problema che ci stiamo ponendo da qualche tempo – spiega il prof. Fabrizio Dughiero, prorettore al trasferimento tecnologico ed ai rapporti con le imprese dell’Università di Padova –. Bisogna far crescere la cultura dell’innovazione nelle nostre pmi. L’innovazione è fatta di tante anime, non esiste solo quella tecnologica, ma anche quella organizzativa, dei modelli di business, serve una crescita culturale in tutti i settori. Ma l’innovazione è fatta soprattutto di contaminazione, di luoghi in cui imprese, ricerca, studenti, manager possano lavorare e pensare insieme.
Nel futuro si assisterà sempre più alla creazione di città che diventeranno esse stesse “fabbriche”, centri di aggregazione e centri di innovazione. Quello che si sta creando a Padova con l’Innovation Hub”. Il nostro Paese è il terzo al mondo con il più alto disallineamento tra le discipline di studio scelte dai giovani e le esigenze del mercato del lavoro, secondo la recente ricerca “New Skills at Work” condotta da JpMorgan e Bocconi. E una soluzione potrebbe essere aiutare le aziende ad innovare, dunque a richiedere giovani con competenze universitarie. Le nostre aziende lavorano per lo più nel settore B2B, poche quelle che arrivano ai consumatori “dove ci sono margini maggiori e si può fare più innovazione”.
“Le università hanno il compito di mantenere alta la qualità della formazione e formare i cittadini e le classi dirigenti del futuro – prosegue Dughiero -. I nostri laureati trovano lavoro all’estero, testimoniando la qualità della loro formazione: esportiamo i nostri cervelli, mentre importiamo manodopera a basso costo e a bassa scolarizzazione”.
L’università si pone la domanda di come sarà il lavoro tra 15-20 anni. “Il lavoro fino a poco tempo fa era basato esclusivamente sulla conoscenza, d’ora in avanti sarà sempre di più basato sulla creatività – assicura il professore padovano -. I lavori basati sulla conoscenza saranno sostituiti dai sistemi che stiamo sviluppando con l’Industria 4.0, Intelligenza artificiale e robot. In futuro ci sarà bisogno di istruire i giovani alla creatività, una competenza che non è solo innata ma che ha bisogno di essere sviluppata”.
Il nostro territorio ha una disoccupazione giovanile altissima e contemporaneamente ha necessità di competenze immediatamente fruibili dalle aziende. La Germania attraverso il modello delle Fachhocschulen, scuole tecniche che formano all’anno oltre 800mila ragazzi sta facendo molto per le aziende. In Italia sono solo 8.000 l’anno gli studenti che escono dagli Istituti Tecnici Superiori (ITS). Un’esperienza esterna al mondo universitario.
“Un’ottima iniziativa, che vediamo con estremo favore, ma che deve essere ampliata notevolmente e per farlo, magari, si potrebbe consentire ai giovani che lo desiderano di arrivare alla laurea triennale e proseguire obbligatoriamente nel mondo del lavoro – prosegue Dughiero -. Molte famiglie non spingono i figli a scegliere, dopo il diploma, gli ITS proprio per la mancanza di un titolo di studio universitario”.
Ma l’università non può fermarsi a quello che serve domani, si deve chiedere cosa accadrà nei prossimi 20 anni. Magari guardando a quello che succede nel mondo. L’Università Aalto di Helsinki è nata nel 2010 dalla fusione del Politecnico, della Scuola di Economia e della Università di Arte e Design.
“I giovani saranno sempre più chiamati, qualsiasi lavoro facciano, ad interpretare il lavoro da imprenditori. – conclude Dughiero - Anche se lavoreranno da dipendenti sarà loro richiesta una forma mentis da imprenditori, non ovviamente in tutti i livelli. Per aiutarli bisogna puntare su percorsi di apprendimento con la presenza di più discipline, da differenti ambiti”.
E la nuova Laurea Magistrale in Data Science in lingua inglese, con corsi da più discipline, va in questo senso.
Il Bo si pone anche l’obiettivo di aiutare i giovani nella scelta della facoltà. Recentemente ad Agripolis si è tenuta l’iniziativa “Scegli con noi ”. “Viviamo anni impegnativi: la velocità crescente dei cambiamenti, anche tecnologici e sociali, i percorsi professionali non più lineari, la crisi economica, sono elementi fortemente destabilizzanti - spiega la prof.ssa Daniela Lucangeli, prorettrice alla continuità formativa scuola-università-lavoro del Bo.
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