Albanese estremista islamico il giudice respinge il ricorso

L’avvocato Targa si era opposto dicendo che si trattava solo di post su Facebook La sentenza: «L’utilizzo di internet non è meno grave del contatto personale»

«L’utilizzo di internet non è meno grave del contatto personale», specie in un ambito come quello del terrorismo internazionale di matrice islamica in cui proprio il web ha rappresentato un contesto privilegiato per la propaganda jihadista. Su questo principio si basa il provvedimento con cui il giudice di Pace ha rigettato il ricorso dell’avvocato Fabio Targa, difensore dell’albanese Shaban Caca, 33 anni, di religione musulmana.

l’indagine

Gli investigatori della Digos del vicequestore aggiunto Giovanni De Stavola avevano fissato la loro attenzione sull’operato di questo giovane albanese, da 14 anni a Padova, marito e anche padre, dipendente di una ditta di pulizie industriali con sede a Santa Maria di Sala. Negli ultimi tempi si era avvicinato all’imam Sadullah Bajrami. Quest’ultimo compare nelle carte del Ros dei carabinieri sia nell’indagine sulla foreign fighter italiana Maria “Fatima” Sergio che in quella su Valbona Berisha, la donna albanese residente a Barzago, in provincia di Lecco, fuggita in Siria nel dicembre 2014 insieme al figlio di sei anni. Sadullah Bajrami è sospettato insieme al fratello Omer, imam della moschea della capitale macedone Skopje, di favorire il “proselitismo e l’arruolamento in favore di organizzazioni terroristiche vicine alI’Isis”. Gli uomini della Digos padovana sono riusciti a documentare i viaggi fatti dal trentatreenne albanese in Macedonia per prendere parte ai suoi sermoni. Non solo. Stava anche indottrinando un giovane connazionale. Oltre a questo hanno allegato numerosi post che l’uomo aveva pubblicato su Facebook. È stato rilevato il forte impulso antisemita, lo stesso che l’ha spinto a condividere un post con l’effige di Hitler: “Ne ho lasciato vivo qualcuno così un giorno capiranno perché ne ho uccisi tanti”.

il ricorso

L’avvocato Fabio Targa aveva promosso un ricorso in difesa del suo assistito, impugnando così il decreto di espulsione firmato dal prefetto e affidato al questore per l’esecuzione. La linea difensiva, in sostanza, ruotava attorno al concetto che alcuni post su Facebook non possono essere un presupposto per la cacciata dall’Italia.

il rigetto

Il 27 febbraio scorso però il Giudice di Pace di Padova ha rigettato il ricorso, per la pericolosità sociale di Caca connessa al rischio di derive terroristiche. Lo straniero era stato allontanato dall’Italia lo scorso 20 dicembre, per queste condotte ritenute pericolose per la sicurezza nazionale. Oltre a valutare solida l’indagine sulla sua militanza nell’Islam più estremo il giudice ha accolto in pieno anche tutti i dubbi suscitati dalla pubblicazione dei post estremi su Facebook. Anche se virtuale è pur sempre una piazza.

Enrico Ferro

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