Alborosie, reggae nel sangue

Il cantante lombardo che vive in Giamaica oggi allo Sherwood

PADOVA. Provate a chiudere gli occhi e ad ascoltare il suo ultimo disco “Sound the System”. A meno che non riconosciate la sua voce, dalla prima all'ultima nota non è facile intuire che il rastone con la chitarra a forma di mitra, noto in tutto il mondo come Alborosie, sia cresciuto nel profondo nord, tra Milano e Bergamo. Nelle vene di Alberto D'Ascolta, naturalizzato giamaicano da anni, scorre il sangue caldo della musica in levare, legata alla tradizione afro-caraibica e al misticismo rastafari. L’eroe dei due mondi del reggae, sarà oggi protagonista della penultima serata dello Sherwood Festival a Padova. È un appuntamento dalle tinte “red, gold & green” che anticipa anche il trasferimento della rassegna musicale in terra veneziana al Parco San Giuliano di Mestre, dove si susseguiranno live durante tutto il mese di agosto. Stemperando l’attesa del Venice Sunsplash (un festival nel festival che si terrà 27 al 30 agosto e hanel programma star come General Levy, Shaggy e Horace Andy) l’estate 2014 entra nel vivo con uno dei massimi esponenti del reggae mondiale: Alborosie. A chi cerca la giusta colonna sonora per infilare i piedi nella sabbia, scottarsi un po’ al sole e muovere a tempo le anche, più che mandare spasmodicamente in loop l’ultimo tormentone, basterà attingere dalla sua lunga discografia. L’ex cantante dei Reggae National Tickets (fondati nel lontano 1993) durante gli anni zero è riuscito a guadagnare stima e rispetto nel difficile ambiente di Kingston (che oltre ad essere capitale della Giamaica è anche uno dei luoghi con il più alto tasso di criminalità nel mondo) a suon di riddim e di singoli tutti da ballare, in bilico tra roots reggae e dance hall. Grazie a brani come “Dash Me Away”, “Herbalist” e “Kingston Town” Alborosie ha riscosso un successo planetario e molte star, da Gentleman a Luciano passando per Fyah, Anthony B e tantissimi altri, hanno deciso di collaborare con lui. In cinque anni ha imparato la lingua locale, il “patois”, che oggi sfoggia con una potente voce roca, dilettandosi soprattutto in brani dal sapore ragamuffin. «È la lingua che parlo tutti i giorni» spiega Alborosie «Non suono il reggae per marketing, è stata una scelta di vita. Quando sono sul palco la vibrazione è vissuta e vera fino in fondo».

Il cantante, ormai accasato a Kingston, spiega anche la sua Giamaica non è affatto quella da cartolina: «Qui ci sono il traffico, le macchine e lo smog, altro che i Cuba libre. Kingston è una città che ti mangia, è molto difficile, nel 95% dei casi ti respinge e devi tornare a casa». Alborosie invece è stato benedetto, dalla musica, ovviamente. Ha inoltre abbracciato la religione rastafari. Si può spiegare in poche parole? «È un rapporto sincero e personale con l’altissimo, non ci sono canoni, regole, restrizioni o disciplina». Non rimane che prepararsi a dare musica al sistema senza freni: “Sound the System!”. Oggi, ore 21. Parco Nord Stadio Euganeo. 20 euro Info: www.sherwood.it

Matteo Marcon

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