All’Infn il super ciclotrone che aiuta a curare i tumori

Inaugurato nella sede di Legnaro il macchinario che produce e accelera protoni: «Primato Ue per potenza, sarà applicato nella radioterapia»
MARIAN-FOTOPIRAN-LEGNARO-NUOVO APPARATO CNR
MARIAN-FOTOPIRAN-LEGNARO-NUOVO APPARATO CNR

PADOVA. L’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) di Legnaro diventa un punto di riferimento in Europa e nel mondo. Ieri è stato finalmente inaugurato il ciclotrone P70, cuore del progetto “Spes”: una parola che in questo caso è una sigla, ma in latino significa “speranza”. Il potente macchinario aiuterà a migliorare le cure contro il cancro e a studiare l’universo, in particolare le stelle.

L’iter che ha portato alla realizzazione del ciclotrone è stato lungo: nel 2010, all’epoca del primo sopralluogo, al posto dell’attuale struttura c’era un boschetto.

Poco dopo è partita la fase di progettazione, di raccolta fondi e quindi di realizzazione del progetto: la prima pietra è stata posata nel 2013 e un anno e mezzo fa, nella primavera del 2015, il macchinario è stato calato dall’alto all’interno dell’edificio ancora in costruzione. Il macchinario pesa 180 tonnellate ed è in grado di produrre e accelerare protoni al ritmo di dieci milioni di miliardi ogni secondo.

Numeri che, forse, per i non addetti ai lavori dicono poco, ma certamente restituiscono la misura della potenza: «Il ciclotrone» spiega Fernando Ferroni, presidente dell’Infn, «è una macchina che accelera protoni: ne esistono altre di simili, ma questa si differenzia per l’energia molto elevata e per l’altissimo numero di protoni che può produrre. Caratteristiche che la rendono attualmente unica, sicuramente in Europa e forse in tutto il mondo: ci sono in corso di progettazione macchinari simili, ma il nostro acceleratore rimarrà leader per molto tempo. La nostra ricerca guarda avanti: non di qualche mese, ma di vent’anni».

Dal ciclotrone saranno estratti due fasci di protoni: uno dedicato agli studi di astrofisica nucleare, l’altro alle applicazioni, in particolare quelle rivolte alla medicina, ma anche allo studio delle proprietà dei nuovi materiali, mediante l’irraggiamento con neutroni.

«In ambito medico» spiega Giovanni Fiorentini, direttore dei laboratori di Legnaro, «le applicazioni riguardano soprattutto la radioterapia. Attualmente, per individuare e curare alcuni tumori, si usano isotopi che non esistono nell’organismo umano e vengono iniettati tramite farmaci. Servono a evidenziare nel nostro corpo la presenza di lesioni e curarle. Oggi vengono usati isotopi comuni, ma un giorno potremo riprodurre anche quelli rari, che permettono un’indagine migliore. Ci sono isotopi che hanno qualità “teranostiche”, cioè utili sia per la conoscenza - diagnostica - sia per la terapia. Si potrà fare un monitoraggio istantaneo di dove si localizza l’isotopo e colpire le cellule che devono essere colpite».

Ma anche per quanto riguarda l’universo si aprono prospettive nuove e non meno suggestive: «Questa è una fabbrica di nuclei radioattivi» continua Fiorentini, «che non ci sono sulla terra ma che troviamo nelle fasi avanzate delle stelle. Studiandoli, potremo capire come si formano gli elementi più pesanti e rari sulla terra, come oro, piombo o torio.

Altro possibile utilizzo è la produzione fasci di neutroni, utili nella navigazione spaziale perché simulano la radiazione a cui andranno incontro gli astronauti che andranno a esplorare Marte». Tra gli aspetti innovativi del progetto, l’Infn segnala anche il sistema di finanziamento. Per il funzionamento di Spes si useranno i fondi ricavati dalla produzione di radioisotopi per uso medico, un aspetto che garantisce al progetto una prospettiva di autonomia e continuità.

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