Annamaria si è uccisa perché rischiava di restare cieca
SAN GIORGIO IN BOSCO. Le avevano diagnosticato una malattia agli occhi la mattina. Dopo poche ore, si è lanciata nel vuoto dal campanile del suo paese. Una comunità intera è sconvolta dalla fine di una delle giovani più intelligenti e affascinanti del posto: Annamaria Miotti aveva solo 33 anni. Mercoledì pomeriggio il suo talento e le sue passioni si sono spezzati all’ombra del campanile di Sant’Anna Morosina.
In quella stessa chiesa, in cui la domenica leggeva i passi della Bibbia, le verrà dato l’ultimo saluto sabato alle 10; venerdì sera, alle 20.30, il rosario di suffragio. Per tanti amici sarà il momento di stringersi a una famiglia stimata in paese, attiva nel volontariato e nell’impegno civico: il padre Virginio, la mamma Elsa, il fratello Stefano e la sorella Paola. La solidarietà come valore e stile di vita: non fiori, le eventuali offerte saranno devolute al servizio ambulatoriale delle cucine popolari della Caritas di Padova. I familiari ricostruiscono passo dopo passo le ultime ore di Annamaria: «Alcuni giorni fa, durante una visita di routine al lavoro, le erano stati rilevati dei problemi agli occhi e per questo le era stato consigliato un approfondimento specialistico nel reparto di Oculistica a Camposampiero».
Mercoledì mattina la giovane era andata con il papà in ospedale e la specialista le aveva riscontrato una malattia degenerativa alla retina, che rischiava - gradualmente - di portarla alla cecità. Il fratello Stefano, che oggi ha 37 anni, aveva scoperto quando ne aveva 20 di essere affetto da questa forma di retinite. «Il medico ha spiegato che sarebbe stato opportuno procedere ad ulteriori accertamenti». Nel viaggio di ritorno con il padre Annamaria aveva manifestato la sua preoccupazione e aveva ricevuto parole di incoraggiamento. In un certo senso, se anche la malattia si fosse manifestata con particolare aggressività, il fratello poteva essere un esempio di possibilità, di speranza, di fiducia: «Stefano è riuscito a concludere gli studi, laureandosi, e a trovare un lavoro», continuano.
A pranzo, tutto bene. Verso le 16 i genitori erano usciti per recarsi in aeroporto, mentre Annamaria doveva andare a prendere il fratello in stazione. Ma quando Stefano l’ha chiamata, lei non ha risposto. Allora si è rivolto a Paola. «Annamaria non rispondeva al telefono. Quando siamo arrivati a casa c’erano il suo cellulare, la sua bici, la sua auto», spiegano i familiari. Di lì a pochi minuti, tutto sarebbe diventato tragico e straziante. Come se tanto talento e bellezza avesse vissuto l’impossibilità di continuare a portare avanti una vita piena di cultura e generosità.
Un’amica del cuore, Germana Cabrelle, ricorda Annamaria come «una ragazza piena di vita, di progetti per il futuro. Martedì mi aveva comunicato di aver superato l’esame di Microbiologia, stava prendendo la seconda laurea in Scienze dell’alimentazione a Parma. Ci siamo viste la settimana scorsa, eravamo andate con Paola e Stefano alla sagra di San Martino di Lupari». Si distingueva, aveva una presenza scenica fuori dal comune: «La passione per il teatro era iniziata al liceo Caro di Cittadella, per poi continuare alla Leonessa di Loreggia. Dotata di una dizione perfetta, aveva partecipato anche a spot pubblicitari, spesso la coinvolgevo in iniziative in cui poteva dimostrare anche un’altra sua abilità, quella di sommelier. Il futuro era suo: aveva già acquistato la tessera per la stagione al Verdi, dovevamo andare insieme alla Mostra del Cinema di Venezia, adorava tutto ciò che era recitazione, poesia. Aveva competenze scientifiche e le applicava nel suo lavoro, ma fuori si dedicava alle arti umanistiche con trasporto ed eleganza infiniti».
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