Aperta la scuola parentale "scomunicata" dalla Diocesi di Padova

A Montà, al posto dell'asilo parrocchiale. La maestra è stata scelta e incaricata da un gruppo di genitori ultra-cattolici
CADONI - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - SCUOLA AFFIANCO CHIESA SANT'IGNAZIO
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PADOVA. E invece, alla fine, eccola lì la scuola parentale. L’hanno aperta lo stesso, dove c’era lo storico asilo parrocchiale che mezzo rione Montà aveva provato a salvare dalla chiusura. E contro la volontà della diocesi che aveva chiesto al parroco don Giovanni Ferrara di fermare l’iniziativa, di non concedere i locali, di non aprire le porte al fronte anti-gender, anche perché quelle aule dovrebbero restare disponibili per far risorgere la scuola materna, a settembre dell’anno prossimo.

Ci vanno in pochi, cinque o sei bambini, in età da prime classi della primaria, ma non sono passati inosservati con i loro zainetti in spalla, ogni mattina dalle otto alle otto e un quarto. D’altra parte il quartiere aveva gli occhi puntati sul piazzale della chiesa di Sant’Ignazio di Loyola. Diffidavano, e a ragione, perché tutti i segnali indicavano l’imminente apertura della scuola.

Tutto, infatti, è andato come doveva andare. La maestra unica è Diana, “arruolata” dai genitori-sostenitori del progetto già in primavera e pubblicizzata nei siti di Alleanza Parentale, gli stessi che hanno sempre dato per certo l’inizio delle lezioni a Padova. I bambini entrano alle otto e vanno a casa presto, senza compiti da fare, così hanno tempo per «stare in famiglia e con gli amici», come prevede il manifesto delle scuole parentali. E in classe si sta bene attenti a non insegnare la teoria del gender «perché sui bambini non si fanno esperimenti». Il programma è quello ministeriale, ma con spiccata inclinazione verso un ritorno al passato: la bella calligrafia, la buona lettura, fare i conti. Lo slogan, d’altra parte, è «Scegli tu come educare i tuoi figli». E i genitori che hanno voluto questa scuola sono tradizionalisti incalliti. Per le rette vale la regola che bisogna coprire le spese, in qualche modo, ciascuno secondo le proprie possibilità. Ma resta il nodo dell’affitto: la scuola lo paga alla parrocchia? E a quanto ammonta?

Le domande non mancano. E sono così tante e scivolose che dopo neanche un mese di lezioni tutto potrebbe tornare in discussione, a cominciare ovviamente dalla collocazione della scuola. Il quartiere ha ripreso a rumoreggiare. La chiusura della materna parrocchiale - istituzione storica, con i suoi 56 anni di attività alle spalle - non è mai stata digerita e la scusa del “rosso in bilancio” mai accettata da famiglie che erano disposte a svenarsi pur di continuare ad avere il servizio. E poi perché a questo punto don Giovanni Ferrara dovrà dare qualche spiegazione, almeno alla diocesi. Il parroco, già molto discusso per la sua gestione di Sant’Ignazio di Loyola, fino alla fine di marzo aveva assicurato che l’asilo della parrocchia sarebbe rimasto aperto. Poi ha cambiato idea e proprio in quel momento il suo nome è comparso tra i promotori della scuola parentale, tanto che era suo il numero di cellulare da chiamare per aderire al progetto. Dal web è sparita, ma solo di recente, la pagina che lo presentava come assistente ecclesiastico della rete di Alleanza Parentale, ma restano numerose tracce del suo ruolo di sostenitore di questo modello importato dagli Stati Uniti e che si sta diffondendo in Italia, per iniziativa di don Stefano Bimbi. Don Giovanni era stato invitato dalla diocesi, prima privatamente e poi pubblicamente, a fare un passo indietro rispetto al progetto, perché questo non sarebbe stato autorizzato. Oggi la diocesi sa che la scuola è aperta. Della vicenda è stato informato qualche giorno fa il direttore della Pastorale per la scuola don Lorenzo Celi, che a sua volta ha coinvolto l’amministratore diocesano monsignor Paolo Doni. Al quale spetterà il compito di affrontare la questione, in attesa del nuovo vescovo.

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