Arneg apre uno stabilimento in Siberia

CAMPO SAN MARTINO. Roberto Marzaro, titolare dell’Arneg con Luigi Finco (86 anni portati con classe, ancora in prima linea nell’azienda meccanica più grande della provincia con 700 dipendenti), dopo aver festeggiato i primi 50 anni dello stabilimento di Marsango (116.000 mq), regalando a ogni lavoratore una carta di credito prepagata con 150 euro, si appresta a inaugurare a Novosibirsk, nel cuore della Siberia, il terzo stabilimento in Russia con altri 70 dipendenti. Salgono così a 19 le aziende del gruppo Arneg, dove lavorano anche 2 dei 5 figli dell’ex presidente degli industriali Finco e tutti e 3 i figli di Marzaro, senza contare gli uffici di rappresentanza che vanno dalla Kamciatka, all’estremo nord della Russia, sino all’Australia. In totale, i dipendenti oggi sono 2.500, più altrettanti nell’indotto.
Marzaro, l’editore Ferruccio Ruzzante di Studio Verde ha intitolato il suo libro per celebrare il 50º dell’Arneg “Sognare con coraggio, etica e buon senso. Che significa?
«La nostra azienda, che da sempre s’identifica con il territorio intorno a Busiago e Marsango, dove quasi tutti hanno un familiare che lavora con noi, non sarebbe mai arrivata dov’è oggi, nel settore dei banconi frigoriferi, se la nostra visione aziendale non fosse poggiata sulle capacità tecniche e lavorative di ogni collaboratore, ma anche sui valori umani e personali che porta con sè. Siamo in 700, ma continuiamo a essere una famiglia unita».
Un gruppo industriale all’avanguardia mondiale, ma ancora radicato nell’Alta. Com’è stato raggiunto un traguardo così straordinario?
«Non dimentichiamo che mio padre Gioacchino era un panificatore emigrato in Brasile e il papà di Luigi, Ampelio Finco, un contadino. Entrambi veniamo dalla gavetta e siamo andati avanti sempre da soli, puntando sull’aiuto e sulla fiducia che ci hanno dato i dipendenti. Se oggi riusciamo a raggiungere un fatturato annuo di 500 milioni è perché continuiamo a portare avanti le strategie aziendali con gli stessi valori che abbiamo ereditato dalle nostre famiglie e dal territorio, dove ancora abitiamo noi e tutti i nostri figli».
Dal ’63 al 2013 è stato un continuo crescendo. Possibile che dai tempi in cui in mezzo a voi era parroco don Antonio e a Padova era vescovo monsignor Bordignon non ci siano stati momenti difficili?
«Tutte le aziende, grandi e piccole, hanno alti e bassi. Per fortuna l’Arneg, anche grazie a rappresentanze sindacali che si sono dimostrate sempre disponibili e responsabili, è partita da un fatturato di 350 milioni di lire ed è volata sempre più in alto. Solo nel 2009, anno d’inizio della grande crisi generale che ancora oggi continua, abbiamo accusato un calo del 10%, ma nel 2010 avevamo già recuperato il terreno perduto. D’altronde da decenni, oltre ad avere aperto nuove aziende, in Italia, a Rovigo e a Bergamo, ci stiamo sempre più internazionalizzando, ma senza delocalizzare la produzione come tanti altri imprenditori. Oggi ci sono stabilimenti Arneg in Portogallo, Romania, Svezia, Usa (a Lexington, North Carolina), in Canada, Brasile, Argentina, Colombia, India e perfino in Corea. Stiamo per aprire la terza fabbrica in Siberia perché, in questo periodo, consideriamo il mercato russo il più importante. Non siamo presenti in Cina e non abbiamo alcuna voglia di andarci».
Gli anni passano per tutti: che sarà dell’Arneg quando i “condottieri” Marzaro e Finco si metteranno da parte?
«Per quanto mi riguarda, ho già intestato tutto ai figli. Nel mio caso la continuità generazionale è assicurata, ma, chiaramente, ognuno di noi ha un modo di pensare e di agire. Mi piacerebbe, però, che chi guiderà in futuro l’Arneg avesse avesse una passione per il lavoro grande come la mia. Che è rimasta la stessa da quando, ad esempio, durante il viaggio di nozze a Tripoli, lasciavo spesso in albergo mia moglie (Angela Biasiato, ndr) per trovare nuovi clienti per l’azienda. Ma questi, quasi certamente, sono episodi di uno stile di vita che, ormai, non è più gradito alle nuove generazioni».
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