Rapina a due anziane: arrestati i colpevoli dopo quasi dieci anni

Sconteranno tre anni di pena l’ex badante delle due ultranovantenni, la figlia e il fratello. L’episodio nel dicembre 2015

Nicola Cesaro
Una delle anziane poco dopo la rapina
Una delle anziane poco dopo la rapina

Quasi dieci anni dopo, il terzetto che aveva architettato l’efferata rapina a due anziane di 95 e 93 anni finisce in prigione. L’altra mattina, i carabinieri di Cologna Veneta (Verona) hanno dato esecuzione a tre ordine di carcerazione emessi dalla Procura di Rovigo a carico di tre italiani, rispettivamente di 54, 52 e 29 anni, già indagati per una rapina aggravata in abitazione. La rapina, come detto in premessa, è quella commessa il 16 dicembre 2015 ai danni di due anziane sorelle, Onelia e Ancilla Tognolo, morte qualche anno fa.

Le due anziane vennero aggredite nella loro abitazione di via Luppia Bassa, ai confini tra Megliadino San Fidenzio di Borgo Veneto e Montagnana. I tre, che ora si trovano in carcere a Verona, sono rispettivamente Arpalice Giovannini, il fratello Enrico e la figlia Giada Foscarin, che vivono tra Roveredo di Guà e Cologna Veneta, nel Veronese.

Erano le 17 e le due anziane aspettavano la badante, Arpalice Giovannin. Alla porta, però, si erano presentate tre persone a volto coperto: il terzetto aveva steso a terra le due malcapitate e le aveva legate a caviglie e polsi, utilizzando in particolare cavi elettrici e senza il minimo tatto nei confronti di due donne così anziane e fragili.

Avevano poi razziato casa – cercando però in posti precisi, quasi come se sapessero dove guardare – portando via 10 mila euro e qualche gioiello. A dare l’allarme era stata la stessa badante, che aveva finto di aver trovate le due anziane residenti ancora legate.

«Non abbiamo mai fatto nulla di male a nessuno. Abbiamo sempre aiutato tutti. Perché ci hanno fatto questo?», furono le parole delle due anziane sorelle dal letto di ospedale a cui erano state costrette dopo il blitz violento. La vicenda colpì moltissimo cittadini e istituzioni, sia per l’età delle due donne, sia perché quella era l’ennesima rapina efferata in zona contro delle persone fragili nel giro di pochi mesi. Le stesse sorelle subirono un duro colpo: la loro salute si aggravò a poco dalla rapina.

I troppi errori commessi dalla banda – a partire dalla Fiat Punto di madre e figlia posteggiata davanti a casa Tognolo ben cinque ora prima dell’inizio del turno di lavoro, ma anche dal troppo ordine in casa dopo la razzia, segno che chi aveva agito sapeva dove mettere le mani – e le successive intercettazioni ambientali dei carabinieri hanno però fatto emergere ben presto la verità: quella scorribanda violenta era stata commessa dalla stessa Giovannini, dalla figlia – che in quel periodo era disoccupata e che spesso sostituiva la madre a casa delle sorelle Tognolo – e da almeno altre due persone.

Sotto accusa erano finiti il fratello della Giovannini e il figlio di quest’ultimo, all’epoca ventenne. La figlia Giada sarebbe stata l’autista, mentre il terzetto che aveva messo piede in casa sarebbe stato composto da badante, fratello e nipote. Quest’ultimo, sei anni fa, era stato tuttavia assolto; gli altri tre erano stati condannati a 3 anni di reclusione (anche se il pubblico ministero ne aveva chiesti 6).

I tre arrestati, al termine delle formalità di rito, sono stati trasferiti presso la Casa Circondariale di Verona Montorio, dove dovranno scontare la pena di quasi 3 anni di reclusione.

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