Arrestato consulente di Monselice

MONSELICE. Nella piccola frazione di San Cosma avevano capito che era successo qualcosa di insolito. Troppe auto civetta della Guardia di finanza in piazza Don Favero, sia giovedì sera che venerdì mattina presto. Le Fiamme Gialle sono partite da Milano per stringere le manette ai polsi di Davide Castello, 45 anni, sedicente consulente finanziario che da una decina d’anni vive a Londra (è iscritto al registro degli italiani che vivono all’estero). Lo hanno preso a casa dei genitori, Luciano e Carmen dove tornava spesso anche per vedere le nipotine («Circa una volta al mese, il papà andava spesso a prenderlo all’aeroporto» dice un vicino).
Le accuse sono pesanti: fatture gonfiate per sponsorizzazioni in Formula 1 e riciclaggio internazionale. Lo scopo era di evadere il fisco ma anche riciclare denaro irregolare facendolo viaggiare per mezzo mondo: sono stati “seguiti” soldi partiti dall’Italia, transitati per Londra, arrivati in Cina e - con la complicità di imprenditori cinesi- tornati in nero. È questo il sofisticato meccanismo scoperto attraverso le indagini coordinate dal pm Elio Ramondini di Milano e condotte dalla Finanza.
Il gip Roberto Arnaldi, ha firmato l’ordine di carcerazione per Castello, ritenuto la figura di rilievo di un gruppo criminale ben collaudato. Secondo quanto ricostruito sarebbe stato architettato un raffinato sistema di frode fiscale – contestata un’evasione per 50 milioni di euro – imperniato sul ruolo svolto da 7 società italiane, fatture per operazioni inesistenti nel settore delle sponsorizzazioni sportive, in particolare della Formula 1. Del sistema, si ipotizza, avrebbero beneficiato oltre trenta società, sparse sul territorio nazionale, le quali avrebbero annotato nelle loro scritture contabili, false fatture per quasi 50 milioni di euro, abbattendo così la base imponibile.
Le ricostruzioni hanno accertato sovrafatturazioni pari ad oltre l’80 per cento dell’importo indicato nelle fatture fittizie, confluite poi nelle dichiarazioni fiscali dal 2012 al 2016 dalle stesse imprese. Il 20 per cento residuo sarebbe stato l’importo effettivamente finito per sponsorizzazioni nel campo automobilistico. Il pagamento delle fatture era integrale, tramite bonifico. Soldi che, poi, dall’Italia passavano sui conti delle società londinesi di Castello il quale, per far perdere le tracce del denaro, le avrebbe girate, al netto di una provvigione, su conti correnti di società cinesi. Ottenuto l’accreditamento di tali somme, i rappresentanti delle imprese cinesi avrebbero quindi autorizzato i propri connazionali in Italia – titolari a loro volta di micro-aziende sparse tra Lombardia, Emilia Romagna e Veneto – a consegnare il contante “rastrellato” all’interno della propria comunità agli indagati, tutti italiani. Il denaro, infine, sarebbe stato impiegato per consentire la “retrocessione”, sempre in contanti, nei confronti delle imprese beneficiarie delle false fatturazioni che, così avrebbero ottenuto il ritorno dell’80 per cento dei bonifici originariamente disposti, creando fondi neri. «Non è stato facile arrestarlo, Castello era molto previdente e si muoveva sempre con auto altrui, mai prese a noleggio, lo stavamo inseguendo da giorni» ammette il colonnello delle Fiamme gialle che ha condotto l’indagine. Ieri i finanzieri sono arrivati nella casa vicina al ristorante Valle Verde (tra l’altro lo stabile è di proprietà della famiglia) e Castello ha capito che cercavano proprio lui.
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