Assalti ai bancomat, arrestati quattro padovani

La banda è accusata di aver messo a segno decine di colpi in tutto il Veneto. La procura contesta ai banditi il reato associativo

PADOVA. Associazione per delinquere finalizzata ad una serie indeterminata di furti ai danni di bancomat mediante l’impiego di ordigni esplosivi micidiali”, questo il reato più grave contestato nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere che i carabinieri del Comando provinciale di Padova stanno eseguendo, dalle prime ore di questa mattina. Sgominata quindi la banda di padovani che imperversava in tutto il Veneto, responsabile di decine di assalti ai bancomat di diversi Istituti di Credito con un bottino di centinaia di migliaia di euro.

Se la “Mala del Brenta”, negli anni passati, era riuscita a devastare il territorio con le “rapine”, questa batteria  aveva invece studiato, nei minimi dettagli, una strategia criminale basata sul “furto”, che avrebbe permesso di arricchirsi ai danni degli istituti di credito correndo - secondo loro - minori rischi con la giustizia. Niente importava se, tra i “danni collaterali” derivanti dall’uso fuori controllo dell’esplosivo, di tanto in tanto qualche palazzo si fosse reso completamente inagibile e, solo per puro caso, non si fossero registrate vittime.

All’interno del sodalizio, ogni componente rivestiva un ruolo ben specifico: dal semplice compito di ricognizione sull’obiettivo da colpire, al “palo” o al “servizio” di staffetta per eludere i controlli su strada delle Forze dell’Ordine, al delicato incarico di “pilota” esperto nella guida veloce per seminare eventuali inseguitori e, soprattutto, quello di specialista nell’impiego di ordigni esplosivi sempre più potenti e sofisticati. Nel configurare il reato associativo, il GIP del Tribunale di Padova, Dott.ssa Mariella FINO, ha ritenuto determinante anche il fatto che i criminali si fossero creati una vera e propria “base logistica” segreta (ove riunirsi ma soprattutto custodire tutto il necessario per i loro attacchi), che utilizzassero sempre gli stessi strumenti e gli stessi mezzi, tanto da far emergere gli elementi sintomatici della “stabilità e permanenza del vincolo associativo”, funzionale alla commissione di una serie indeterminata di delitti.

I colpi non erano mai improvvisati: la parte tecnica e le modalità esecutive erano pianificate per non lasciare nulla al caso. Abbandonati i telefoni cellulari facilmente rintracciabili e intercettabili, la banda, per comunicare durante gli assalti, si serviva di scanner variando spesso la frequenza. Le auto venivano cambiate con ripetitività (l’indagine ha documentato l’impiego di tre modelli di auto rubate diverse), tuttavia ad un certo punto è emersa una certa predilezione del “pilota” per una AUDI A6 rubata molto performante che, invece di essere sostituita, da blu è stata verniciata in grigio e, successivamente, in nero apponendo di volta in volta targhe diverse, sottratte la notte stessa del delitto.

Per l’esplosione del bancomat, all’inizio la banda aveva sperimentato la tecnica dell’intasamento con una miscela di gas (acetilene) innescata dalla scintilla di due cavi collegati ad una batteria, ma il metodo si era presto rivelato dispendioso e le bombole del gas difficili da trasportare. Lo “specialista” era passato quindi all’impiego della polvere pirica con cui realizzava degli ordigni esplosivi - dotati di accenditore, innesco elettrico e carica di scoppio - chiamati in gergo “marmotte”, molto maneggevoli e facili da trasportare. Da ultimo, per potenziarne la deflagrazione, era stata aggiunta anche la polvere di alluminio.

Sulla base di quanto rinvenuto dai carabinieri, il consulente tecnico nominato dalla Procura ha concluso che, la quantità di esplosivo e le modalità di confezionamento combinate con le proprietà incendiarie dell’alluminio, fanno di questi dispositivi degli ordigni esplosivi “micidiali”. La caratteristica della “micidialità”, secondo il dettato della Cassazione, aggrava notevolmente la posizione di tutti i sodali trattandosi di materiale riconducibile all’intera associazione per delinquere di cui gli stessi facevano parte.

Questi gli arrestati:
 Fernando Falasco, 54anni, artigiano, pregiudicato per rapina e furto continuato: era principalmente l’autista ma con funzione di “palo” azione durante.
 Antonio Loreggia, 50 anni, artigiano, pregiudicato per rapina e ricettazione: era lo “specialista” in esplosivi.
 Andrea Ssgrinzato, 25 anni, disoccupato (arrestato in flagranza - nell’ambito di questo stesso procedimento -, per riciclaggio e reati in materia di esplosivi, il 24 settembre 2011, dai carabinieri di Piove di Sacco): effettuava i sopralluoghi
Giovanni Sgrinzato, 58 anni, pensionato (percepisce la pensione in quanto invalido civile), pregiudicato per furto e truffa: aveva compiti di ricognizione, staffetta e “palo”.

Altri due soggetti, Z.M. classe 1965 autotrasportatore e B.M. classe 1966 nullafacente, allo stato attuale figurano solo denunciati a piede libero per favoreggiamento avendo gestito la “base logistica” in uso ai criminali.

Nel corso della perquisizione nel covo dei banda e presso le rispettive abitazioni – tutto in Provincia di Padova -, i carabinieri hanno rinvenuto: l’AUDI “A6 Avant” con targhe contraffatte, risultata  rubata il 17 marzo 2011 in Sant’Angelo di Piove di Sacco  ai danni di una concessionaria del luogo; 43,488 kg di polvere pirica (il perito tecnico ha confermato che combinata con la polvere di alluminio erano in grado di sviluppare una energia equivalente a 27,83 kg di tritolo, 4 bombole di ossiacetilene e 6 ordigni micidiali già confezionati; tutto l’abbigliamento e i passamontagna filmati, azione durante, dalle telecamere dei diversi Istituti di Credito, nonché numerosi attrezzi da scasso, apparati ricetrasmittenti, un sofisticato radio disturbatore per inibire le comunicazioni dei cellulari, cavi elettrici e batterie ed infine anche la VW Polo “pulita” utilizzata dalla staffetta come auto “apripista”.

In questa fase dell’indagine, al gruppo di criminali, sono contestati senza ombra di dubbio, i seguenti attacchi da cui si desume un bottino complessivo pari a euro 308.330,00:


   9 aprile 2011, ore 04.24: in Sant’Elena di Este (PD) ai danni della “BCC Sant’Elena”, bottino 25.000 euro;
   14 maggio 2011, ore 03.56: in Fossò (VE) ai danni della “CARIVENEZIA”, bottino 76.370 euro;
   28 maggio 2011, ore 04.00: tentata in Legnaro (PD) ai danni della “CARIVENETO”;
   1 giugno 2011, ore 04.00: in San Pietro Viminario (PD) ai danni dell’ “UNICREDIT”, bottino 31.200 euro;
   8 giugno 2011, ore 02.30; tentata in Pontelongo (PD) ai danni della “CARIVENETO”;
   25 giugno 2011, ore 02.30: in Agna (PD) ai danni della “UNICREDIT”, bottino 43.600 euro;
   2 luglio 2011, ore 03.00: in Fiesso D’Artico (VE) ai danni della “CARIVENEZIA”, bottino 33.310 euro;
   27 agosto 2011, ore 03.00; in Guarda Veneta (RO) ai danni della “UNICREDIT”, bottino 21.430 euro;
   3 settembre 2011, ore 04.45: in Bottrighe di Adria (RO) ai danni della “CARIVENETO” bottino 16.770 euro;
   21 settembre 2011, ore 03.20: in Ponte San Nicolò (PD) ai danni della “UNICREDIT”, bottino 60.650 euro;
   24 settembre 2011, ore 02.30: tentata in Borbiago di Mira (VE) ai danni “UNICREDIT”.

Le indagini tuttavia proseguono poiché sono stati raccolti ulteriori elementi probatori che consentirebbero di attribuire all’organizzazione criminale la responsabilità di ulteriori 35 assalti commessi a Padova e nelle province limitrofe dalla fine del 2009 al 2011.

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