Autonomia, video per il Sì in ospedale

Operatrice dell’Azienda gira uno spot in camice, sindacati furiosi. Ruzzante (Mdp): «Scandaloso, denunciamo al Corecom» 
Si chiama propaganda e come tale andrebbe fatta nei luoghi e con i modi previsti dalla legge. Non è il caso di scomodare orientamenti politici, simpatie, inclinazioni. Che un dipendente pubblico del settore sanità si faccia riprendere in un video, in tenuta da lavoro - camice e cartellino da operatore socio-sanitario appuntato al petto - all’interno dell’ospedale in cui lavora, schierandosi apertamente nella scelta di voto al referendum di ottobre sull’autonomia del Veneto, stride con un bel po’ di regole. Da quelle che regolano la propaganda politica a quelle deontologiche che un lavoratore è tenuto a osservare.


Nulla di tutto ciò sembra aver turbato Laura Queboli che, volto acqua e sapone incorniciato da lunghi capelli biondi, tra un sorriso e una moina, annuncia il suo Sì convinto al referendum. Con argomenti chiari: «Autonomia vuol dire maggiore assistenza ai pazienti». Niente meno. La protagonista dello spot girato di fronte all’ingresso dei poliambulatori del monoblocco dell’Azienda ospedaliera è un’operatrice socio-sanitaria. Ma è anche la moglie di Massimiliano Pellizzari, ex presidente di Fiera Immobiliare, attuale presidente dei Commercianti del centro e - non a caso - amico e sostenitore di Massimo Bitonci. La stessa Laura Queboli appare spesso in foto con l’ex sindaco.


Il video, postato nella pagina Facebook “Sì autonomia Veneto” ha scatenato la reazione dei sindacati. E la più decisa e ferma condanna viene dal sindacato a cui Queboli è iscritta, la Uil: «Non possiamo che condannare fermamente il video» sentenzia Luigino Zuin, «voglio sperare che l’operatrice non si sia resa conto di ciò che ha fatto, che sia stata “usata” in maniera strumentale e bieca. Quel video rappresenta un danno gravissimo alla sanità, intesa come bene comune e universale. Non è accettabile che si sostenga in un ospedale una posizione politica correlandola a una maggiore garanzia di cura e assistenza. La sanità non ha etichette, non ne deve avere. Sono disgustato da questa cosa».


Anche la Cgil boccia lo spot: «Non esiste che si usino l’ospedale e la sanità per la propaganda. Deve essere fatta chiarezza sulle responsabilità e presi tutti i provvedimenti conseguenti» la posizione di Giancarlo Go. E la Cisl, con Fabio Turato: «Il comportamento della lavoratrice è da censurare, anche se ritengo sia dovuto a inesperienza e superficialità. Certo un dipendente pubblico non può utilizzare la persuasione che gli deriva dall’esercizio delle sue funzioni per fare dichiarazioni politiche. Questo indipendentemente dalla bontà o meno di ciò che sostiene».


Sul caso il consigliere regionale di Articolo 1 Piero Ruzzante affonda: «Presenterò una interrogazione a Zaia» annuncia, «ma farò anche denuncia al Corecom e all’Agicom. È una cosa vergognosa. L’azienda sapeva, ha autorizzato? Sarebbe gravissimo. Ancor di più lo sarebbe se tutto ciò accade senza che nessuno sappia. Domani posso andare anch’io a sostenere l’astensione al voto al referendum, ho gli stessi diritti di questa operatrice? La Lega deve smettere di prendere in giro i veneti, sperperando i loro soldi e prestando alla propaganda la sanità a cui taglia di continuo i fondi. I 14 milioni spesi per il referendum» chiude Ruzzante, «Zaia poteva usarli per ridurre i ticket come aveva promesso in campagna elettorale».


Per quanto riguarda l’autorizzazione l’ospedale non l’avrebbe concessa. La politica dell’azienda è chiara da sempre: chi usa marchi e loghi per fini diversi dagli interessi aziendali se ne assume tutte le responsabilità.


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