Bassa Padovana costretta ad affrontare una nuova invasione di cimici

Favorito da un inverno mite e secco, l’insetto prolifera e va all’attacco della frutta. Sos della Cia: «Produzione 2018 ridotta anche dell’80%, urgono contromisure» 

BORGO VENETO. Certo, le piogge e le basse temperature di questi ultimi giorni hanno tenuto a bada la loro diffusione, ma c’è da ricordare che alle spalle abbiamo un inverno mite e secco, durante il quale le temperature minime sono scese rare volte al di sotto dello zero. Condizioni ideali dunque per la sopravvivenza di questi insetti che hanno svernato in luoghi riparati e protetti. E così gli agricoltori della Bassa padovana si preparano ad una nuova estate di invasione della cimice asiatica, insetto che in questo territorio è stato capace di ridurre addirittura dell’80% la produzione di frutta nel Montagnanese. Di cimice asiatica, di strade per fermare questa proliferazione e di aziende agricole in ginocchio si è parlato a Saletto di Borgo Veneto con la Confederazione italiana agricoltori, in un incontro in cui è stato illustrato in particolare lo studio condotto dal Dipartimento di Agronomia dell’Università di Padova. La ricerca delinea un quadro complesso del fenomeno, specie per ciò che riguarda le conseguenze subite dalle aziende agricole del territorio non solo padovano, ma addirittura regionale. 

AMBIENTE FAVOREVOLE

La pianura padana pare essere l’ambiente climatico più favorevole di tutta Europa per la proliferazione della famigerata cimice asiatica, abituata a colonizzare luoghi caldo-umidi, e libera di trasferirsi di pianta in pianta, grazie alla completa assenza di antagonisti naturali. In Italia è arrivata da Cina, Taiwan e Giappone grazie alla globalizzazione e quindi alla circolazione delle merci. La chiamano non a caso “insetto autostoppista”, proprio per la sua capacità di introdursi nei container. «In Nuova Zelanda è stato sviluppato un sistema di monitoraggio ai porti, ma qui in Italia siamo ben lontani da questo tipo di azioni», ha spiegato il responsabile scientifico del progetto sulla cimice asiatica della Regione Veneto, Alberto Pozzebon.

DANNI CLAMOROSI

Ha spiegato la Confederazione italiana agricoltori attraverso il presidente atestino Emilio Cappellari: «Solo nel 2018, considerando i 700 ettari di terreno coltivati a frutticolo, gli agricoltori padovani hanno registrato una riduzione nella produzione di frutta che, in molti casi, è arrivata anche all’80%. La prima apparizione della cimice asiatica nel Veneto risale al 2012: in soli cinque anni, si è trasformata in una piaga che sta devastando i frutteti, e non solo. In molti si sono dotati delle reti, ma rappresentano una contromisura non sufficiente a contrastarla». Qualche giorno fa anche Coldiretti aveva dato i numeri dell’orribile 2018 annunciando forti timori per questa estate: «Ogni femmina in questa stagione depone fino a 400 uova per volta. L’anno scorso nella nostra provincia abbiamo subito perdite del 40 per cento sulla produzione di pere e del 30 per cento sulle mele. Le reti anti insetto rimangono una delle principali forme di difesa e di contenimento per proteggere soprattutto le piante da frutto anche se, ricordano gli esperti, difficilmente si riesce a salvare dalla cimice più del 70 per cento del raccolto». Da quando le temperature toccheranno i 20 gradi, la cimice comincerà ad affacciarsi alle colture della Bassa.

INSETTO INVINCIBILE

Sono le pesche nettarine e le ciliegie, nella stagione estiva, e le pere e mele, in quella autunnale, ad essere attaccate con maggior insistenza da questi insetti infestanti, che però non risparmiano molte altre colture del settore primario. Spiega la Cia illustrando i dati dello studio universitario: «In pratica, la cimice asiatica danneggia il frutto internamente, ed è un insetto polifagico, ovvero in grado di cibarsi di ben 170 piante diverse, e con una forte propensione alla dieta mista, e altrettanto allo spostamento. Inoltre, con l’aumento delle temperature al di sopra dei 15 gradi, l’insetto vola più velocemente, e per più tempo».

QUALI SOLUZIONI

Alza le mani il presidente provinciale di Cia, Roberto Betto: «Unico rimedio davvero efficace sarebbe l’introduzione di antagonisti naturali, non presenti nel nostro Paese. Peccato che la legge nazionale vieti di importarli, e altrettanto di manovrare fauna non autoctona. Per il momento possiamo solo utilizzare le reti, per le quali la Regione ha già stanziato 300 mila euro. Ma la cimice asiatica resta un problema da risolvere. L’ennesimo per gli agricoltori».

Si accodano la Coldiretti e la Cooperativa Frutta di Castelbaldo: «Per contrastare la proliferazione dell’insetto alieno è importante proseguire a marcia spedita con la ricerca di insetti antagonisti e di molecole per interventi a basso impatto ambientale, attività già avviata dall’Università di Padova. Ed è proprio ai ricercatori dell’Ateneo che i nostri produttori, insieme a Coldiretti, confermano la propria disponibilità a mettere a disposizione terreni con frutteti e seminativi per condurre la necessaria sperimentazione sul campo». —



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