Battaglia sulla prescrizione delle accuse a don Gino

PIOVE DI SACCO. La guerra ora è in punta di diritto. E solo il prossimo 9 luglio si deciderà se don Gino Temporin – 71enne ex rettore del seminario di Rubano sul banco degli imputati per violenza sessuale aggravata nei confronti di un allievo delle scuole medie (all’epoca dei fatti 13enne), oggi un giovane uomo – potrà tirare un sospiro di sollievo oppure dovrà ancora temere per la propria sorte giudiziaria. Ieri prima udienza del nuovo processo davanti alla Corte d’appello di Venezia chiamata a pronunciarsi sulla vicenda, dopo l’azzeramento della sentenza di assoluzione emessa dai giudici di secondo grado. Azzeramento dichiarato dalla Corte di Cassazione nell’aprile 2017 per illogicità della motivazione. Così nonostante una doppia pronuncia di non responsabilità penale (prima da parte del tribunale di Padova il 18 dicembre 2013, poi da parte della Corte d’appello il 21 luglio 2016), il sacerdote viene processato per l’ennesima volta. E ancora davanti ai giudici dell’appello. Esito non scontato: secondo la difesa (il penalista Paolo Marson ieri sostituito in udienza dalla collega Alessandra Milani) il reato contestato è ormai prescritto; di tutt’altro avviso il legale di parte civile, il penalista Emanuele Fragasso, che rappresenta la vittima. Quest’ultimo ieri ha depositato una memoria, anticipando di fatto una questione di legittimità costituzionale per quanto riguarda le norme italiane sulla prescrizione e la loro difformità dalla regolamentazione europea. Questione esaminata il 9 luglio: quel giorno i giudici d’appello stabiliranno se farla propria e trasmetterla alla Consulta oppure respingerla e proseguire con un processo destinato a riconoscere la prescrizione (ovvero il decorso del tempo che rende non più esercitabile l’azione penale). L'indagine era stata avviata in seguito alla denuncia del ragazzo presentata dopo essersi confidato, nel 2009, con una psicologa della clinica "Le betulle" di Como dov'era ricoverato: in più di un'occasione aveva tentato il suicidio. Nessun testimone degli abusi che sosteneva di aver subito. Quel ragazzo ha detto la verità? Oppure il suo racconto potrebbe essere il frutto di involontaria deformazione? Tema delicato da dirimere anche attraverso un mero strumento “formale”, il complesso criterio del calcolo prescrizione. Intanto don Gino Temporin non è più alla guida del Duomo di Piove di Sacco dov’era arrivato il 9 marzo 2014. Dallo scorso metà febbraio si è ritirato ospite dell’unità pastorale di Arsiè nel Bellunese. Un addio improvviso nella comunità piovese e giustificato tramite una nota: «Sono solo un po’ stanco, ho bisogno di un periodo di riposo perché non sto bene».
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