BENITO&CLARETTA L'amante del duce fascista e consigliera

«Studiarlo è il danno peggiore che si possa fare al mito di Mussolini», diceva Renzo De Felice. Una sentenza inappellabile ora confermata dal libro di Pasquale Chessa e Barbara Raggi, L'ultima lettera di Benito, (Mondadori, 218 pagine per 19,50 euro) che ricostruisce i seicento giorni di Salò attraverso lo studio delle carte del Fondo Petacci, 318 lettere di lui, migliaia di pagine di lei, conservate da oltre sessanta anni nella cassaforte dell'archivio centrale dello Stato di Roma. Sono le stesse carte che furono negate a Renzo De Felice a cui fu negato il decreto ministeriale che ora le ha desecretate. Ne è emersa una corrispondenza destinata a cambiare l'immagine storica di Clara Petacci,ed insieme a riscrivere la vulgata sulla repubblica di Mussolini. Poiché Clara, fascista totale e sinceramente antisemita, si rivela non solo confidente sentimentale ma anche consigliere politico del pensiero del Duce, proprio in virtù della sua funzione di prima amante. Ecco perché nell'epistolario d'amore di Benito Mussolini e Clara Petacci a Salò si parla tanto di politica. E il Duce alla fine non ci fa proprio una bella figura. di Pasquale Chessa e Barbara Raggi Tanto per cominciare si chiama Clara, non Claretta. Clara lei si fa chiamare. Così la chiama Mussolini nelle oltre trecento lettere che le scrive durante i circa seicento giorni di Salò. Quasi una lettera al giorno. (...) Nelle migliaia di pagine contenute nei faldoni del fondo Petacci emerge un fitto epistolario, l'epistolario di Salò, basato sulle 318 lettere che scrisse Mussolini e le centinaia di lettere, spedite e non spedite, copiate e ricopiate che riportano le risposte di Clara. Che molto sanno dirci sulle idee e i sentimenti del Duce (...), che bene spiegano i suoi dubbi e le sue indecisioni, i suoi timori e le sue preoccupazioni e soprattutto permettono di entrare sotto la pelle dei fatti per ricostruirli così come davvero si sono svolti e non come si vorrebbe che fossero stati. Amore e politica, militanza e passione, sesso e ideologia: la relazione tra Clara e Benito a Salò non è stata una semplice storia d'amore, perché la politica ne è stata il motore fino alla fine (...).  Mussolini piuttosto che antitedesco, secondo un luogo comune basato su documenti dubbi considerati falsi dagli storici, ci appare in competizione invece con il fascismo intransigente per accreditarsi presso Hitler come il più filotedesco dei filotedeschi di Salò. (...). La tesi di Clara trova una conferma illuminante nell'episodio che caratterizza, forse più di altri, la nascita della Rsi: il processo di Verona. (...) A proposito del genero, confida deciso: «Se deve pagare, pagherà come gli altri». (...) Clara gli risponde suggerendo la linea dell'oltranzismo radicale: «... Per rifare l'Italia ci vuole il sangue dei traditori...». (...) Nell'epistolario non risulta nessuna idea di clemenza. Ciano, «sudicio interessato e falso», è responsabile della tragedia scaturita dal tradimento del 25 luglio, insieme a Edda, «degna compagna delle azioni di suo marito». Clara dimostra di possedere i parametri politici per interpretare a fondo il momento storico a cui partecipa in prima fila. Dietro la fucilazione dei traditori sa leggere un complesso progetto politico: sorpassare sul suo stesso terreno il partito filotedesco per fare di Mussolini l'unico interlocutore credibile della Germania.  Che Clara sappia destreggiarsi è dimostrato dalla sua capacità politica di tenere le fila della trama più segreta, solo in parte affidata all'epistolario, intorno ai progetti di fuga insieme a Mussolini. Nell'ultima lettera da Salò, datata 18 aprile 1945, quando si decide a lasciare il lago e trasferire il governo a Milano per trovare la soluzione politica alla caduta imminente della sua repubblica, Mussolini spiega a Clara che il progetto coltivato per almeno due anni è miseramente fallito: la fuga in Spagna non è più praticabile. Può anche succedere che le lettere, sebbene rispondano alle domande in sospeso degli storici, non riempiano con precisione i buchi lasciati dalla ricerca documentaria. Per esempio: Mussolini credeva davvero alle armi segrete di Hitler? Pensava in cuor suo alla possibilità di vittoria della Germania? «Sembra che siano entrate in funzione le "armi segrete". Lo ha annunciato un ministro inglese», confida a Clara nel giugno 1944. (...) Ricorre nelle lettere di lui la ferma convinzione che «i tedeschi non perderanno la guerra perché non possono perdere: sono costretti a vincerla e la vinceranno, con successivi ritrovati uno più micidiale dell'altro». (...) Tanto ottimismo nei confronti delle risorse militari germaniche risulta ingiustificato e sospetto, se si confronta l'infantile sicurezza della vittoria con l'autoanalisi a cui si sottopone lettera dopo lettera: un percorso esistenziale che va dalla disistima di sé alla minaccia di suicidio, con tutte le sfumature intermedie maniaco-depressive. (...) Colpisce però, terminata la lettura dell'intero epistolario, l'assenza di parole che segneranno la storia di quel tempo. Parole non scritte ma presenti. Non c'è menzione delle stragi naziste. Non si parla delle deportazioni sommarie. Non si dice dei convogli ferroviari blindati. Eppure Benito e Clara non potevano non sapere.  Nelle lettere di lui la parola ebreo compare solo due volte. Non si riferisce al presente delle persecuzioni ma alla storia del passato. Clara invece di ebrei parla. E parla anche delle leggi razziali. Sente il bisogno di far sapere da che parte sta: «Io sono antisemita per istinto razziale». Clara non bara. Crede di essere dalla parte della ragione ma non di essere innocente. Celia con lui firmandosi «piccola criminale di guerra». La peggiore offesa perpetrata ai suoi danni è di averla storicamente spogliata della sua personalità, azzerando lo spazio dove si compiono le scelte. E dove si scrive la Storia.

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