Berlusconi: «Siamo in grande rimonta vedo sorpasso e vittoria»

VENEZIA. I sondaggi danno il centrodestra in risalita, come 7 anni fa, ai tempi della vostra rimonta con Prodi. A prescindere dai 7 o 5 punti di vantaggio, al Senato Bersani forse non avrà la maggioranza. Onorevole Berlusconi, lei cosa prevede? Accordo con Monti o si tornerà a votare dopo sei mesi? O governo di coalizione come quello uscente?
«Lei mi chiede delle previsioni, quando invece siamo di fronte a una certezza difficilmente confutabile. L’inciucio tra Monti e Bersani è appunto una certezza, per cui chi vota Monti in realtà vota per la sinistra. È un fatto certo e pubblicamente dichiarato. Il “matrimonio” è stato celebrato a Berlino per compiacere la Merkel, e assume un significato politico evidente: ora hanno paura di perdere. Mentre noi siamo lanciati verso il sorpasso. Abbiamo ancora 15 giorni di campagna elettorale per passare in testa e consolidare la nostra vittoria. Quindi, nessuna grande coalizione. Né ritorno alle elezioni a breve».
Far ripartire l'economia, rimettere in moto l'industria e il Pil: al di là dei 4 milioni di posti di lavoro da creare, cosa propone nel concreto: il taglio completo dell’Irpef per chi assume giovani? L'abolizione dell'Irap?
«La nostra indicazione per l’economia è sistemica: meno tasse sulle imprese, meno tasse sulle famiglie, meno tasse sul lavoro. Risultato: più consumi, più produzione, più posti di lavoro, quindi anche più entrate fiscali per lo Stato, che così avrà le risorse per non lasciare indietro nessuno. È la nostra equazione liberale del benessere, che muove da una constatazione precisa: lo Stato spende ogni anno 800 miliardi di euro; con una revisione della spesa fatta con criteri manageriali, è possibile e del tutto verosimile ridurla di 80 miliardi in cinque anni, pari a 16 miliardi l’anno. La metà dei risparmi saranno destinati alle imprese, per abolire in modo progressivo l’Irap, un’imposta di rapina che le imprese devono pagare anche sul lavoro e perfino sui bilanci in perdita. L’altra metà servirà per abolire l’Imu sulla prima casa (4 miliardi), avviare il quoziente familiare dal 2014, così che un padre con figli pagherà meno tasse di un single a parità di reddito, e ridurre le aliquote Irpef a due soltanto, 23 e 33 per cento a partire dal 2015. In sintesi: meno Stato, meno spesa, meno tasse e più sviluppo».
Gli industriali hanno dato il loro endorsement al professor Monti, lei oggi in Veneto visita due grandi aziende: che messaggio intende lanciare?
«Chi fa impresa e rischia in proprio sente di avere tutto contro, dal fisco nemico ai sindacati conservatori, dalle banche che negano il credito, alla burocrazia, e chiede a chi governa di potere fare affidamento su provvedimenti concreti, pochi ma certi, che aiutino la ripresa. Il governo dei tecnici ha sbagliato tutto. Ha imposto un’infinità di tasse su tutto il tassabile, ma non ha varato nessun provvedimento, neppure uno, per la ripresa. Noi vogliamo un atto di pacificazione tra lo Stato e il fisco da una parte, e le imprese dall’altro. La restituzione dell’Imu sulla prima casa pagata nel 2012 sarà il primo atto di questo nuovo corso. Ma serve molto altro: abolire l’Irap, come ho detto prima; ridurre il costo della burocrazia dai nostri 4.500 euro per abitante ai 3 mila della Germania; riaprire il flusso del credito con un accordo a tre governo-banche-imprese; rimettere un po’ di soldi nelle tasche delle famiglie con la riduzione delle imposte per aumentare i consumi, e innescare così un’inversione del ciclo economico. Non credo che la patrimoniale che hanno in mente Bersani e Monti possa aiutare la ripresa, semmai aggraverà la recessione.
Il bilancio dell’UE richiede grandi sacrifici per l’Italia e in ogni caso il nostro Paese versa a Bruxelles più di quanto riceve. La maratona dei 27 paesi rischia di sacrificare l’Italia? Come se ne esce?
«Nel bilancio europeo 2014-2020 sono previsti tagli a settori che aiuterebbero la ripresa, con 13,8 miliardi in meno per capitoli come le infrastrutture, l’innovazione e la ricerca. Non solo. Per aiutare i giovani disoccupati nei Paesi dove la disoccupazione giovanile supera il 25 per cento sono previsti 6 miliardi in sette anni. Davvero troppo poco. L’Italia avrebbe 1,5 miliardi di euro in più per le Regioni meno sviluppate. Briciole. Come vede, compiacere la Merkel non ha reso nulla o quasi all’Italia. La Germania è un paese egemone ma non solidale. Se non consentirà di cambiare l’architettura europea che sostiene l’euro, a cominciare dai poteri della Banca centrale europea per fare in modo che possa garantire i debiti sovrani dei singoli Paesi dell’eurozona, c’è il rischio che le continue politiche di austerità provochino un avvitarsi della crisi su se stessa, rendano impossibile la crescita, e a lungo andare provochino una frattura dell’eurozona praticamente insanabile. Noi siamo europeisti, come era nel sogno dei padri fondatori dell’Europa (De Gasperi, Adenauer, Schumann) vogliamo gli Stati Uniti d’Europa con una difesa comune, una politica estera comune, una politica fiscale, economica ed energetica comune. Non possiamo però accettare che vi sia uno Stato egemone, che faccia i propri interessi a scapito degli altri Paesi e imponga terapie sbagliate e distruttive»
Chi l’ha convinta a fare un passo indietro a novembre 2011: il presidente Napolitano, i suoi figli, l’avvocato Ghedini, Ennio Doris? E si è pentito di quella scelta?
«Ho fatto un passo indietro per senso di responsabilità e senso dello Stato. Non volevo che la speculazione contro il nostro debito sovrano, attraverso il rialzo pilotato dello spread, arrecasse danni irreparabili al nostro Paese. Per questo passai la mano a un governo tecnico, convinto che, con una maggioranza tanto ampia, avrebbe fatto le riforme necessarie all’Italia, a cominciare dal rinnovamento dell’architettura istituzionale e decisionale dello Stato. Probabilmente ho sbagliato, perché come si è potuto poi appurare, e come è ormai chiaro a tutti la caduta del mio governo è stata provocata da una congiura vera e propria, grazie ad una serie di concause negative che si sono verificate tutte insieme, forse perché sapientemente e subdolamente “pilotate”: non solo lo spread, ma anche il tradimento di una frangia della nostra parte politica, iniziato con la scissione di Fini, l’aggressione mediatica interna e internazionale, la sinistra che per attaccarci ci denigrava all’estero, fino alle inchieste a orologeria per distruggere la mia immagine. Ma con il passare del tempo credo che gli italiani abbiano capito bene come si sono svolti i fatti, e come una congiura abbia abbattuto un governo eletto in modo democratico».
Lei voterebbe Mario Monti presidente della Repubblica e chi vede al Quirinale dopo Napolitano?
«Conosco il rispetto del galateo istituzionale. Non credo perciò sia opportuno parlare di successione al Capo dello Stato fino a quando il Presidente Napolitano è nella pienezza del suo mandato».
Il patto con la Lega forse consentirà a Maroni di diventare governatore della Lombardia, ma il segretario veneto e sindaco di Verona Tosi sostiene che dopo il voto Lega e Pdl andranno ognuno per la propria strada. È finita la stagione del centrodestra?
«È vero il contrario. La vittoria in Lombardia consoliderà i nostri rapporti nelle altre Regioni del Nord, dove stiamo governando bene, con grande vantaggio delle popolazioni. In prospettiva, ci sarà la nascita della macro-regione del Nord. Questa idea non è solo nostra, ma un’evoluzione dei governi locali suggerita dalla stessa Europa. E noi saremo ancora una volta tra i primi in Europa a indicare la strada».
Fini e Casini: chi inviterebbe a cena? E di Giustina Destro e Fabio Gava che dice?
«Penso che ogni tanto nella vita sia meglio seguire una rigida dieta e non avventurarsi in ristoranti poco gradevoli».
Liste del Pdl in Veneto: non ci sono imprenditori nelle posizioni eleggibili. Come mai?
«Noi vinceremo con il premio di maggioranza. Le liste non sono state compilate esclusivamente per dare forza agli imprenditori, che comunque sono ampiamente presenti in altre circoscrizioni. La composizione delle liste per il Parlamento è stata pensata per dare voce al territorio».
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