Biennale College è il fiore all’occhiello

Sull’esperienza di Biennale College, nel corso della Mostra un panel internazionale ha mostrato le prospettive e tracciato un bilancio. La tavola rotonda è stata moderata da Peter Cowie, ex...

Sull’esperienza di Biennale College, nel corso della Mostra un panel internazionale ha mostrato le prospettive e tracciato un bilancio. La tavola rotonda è stata moderata da Peter Cowie, ex caporedattore di Vanity, e storico del cinema; con lui, a discutere, i registi e i produttori dei film presentati quest’anno, e giornalisti di “Time”, “Washington Post”, San Francisco Cronicle e “The Village Voice” Il laboratorio di alta formazione, che offre la possibilità agli autori di tre progetti (selezionati tra tutti quelli presentati) di operare a contatto di maestri per la realizzazione di film a micro budget - 150mila euro per realizzare l’opera prima o seconda - è stato promosso a pieni voti. Emerge che le opere, seppur low budget, hanno qualità e livello tali da poter risultare molto forti: non sfigurerebbero in una sezione come Orizzonti. E se la commedia italiana di Duccio Chiarini, “Short Skin” - sceneggiatore il padovano Marco Pettenello - presentata quest’anno sarà nelle sale grazie a un distributore indipendente (lo stesso di Lars Von Trier), e risulta vincitrice del premio Aki, lo scorso anno “Memphis” di Tim Sutton fu selezionato al “Sundance” e recensito dal “Time”.

Alla base del laboratorio c’è la creazione di una comunità, in cui il lavoro non si esaurisce alla Mostra: alla direzione della Mostra sono arrivate richieste per avere questi film in altri festival, mentre nella sala web sono stati tra i più visti. per la sala web quelli più visti. Con “Short Skin”, le altre opere presentate quest’anno sono state “H.” di Rania Attieh e Daniel Garcia e “Blood Cells “di Joseph Bull e Luke Seomore.

Silvia Gorgi

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