Biennale d'arte, le 10 opere da non perdere (secondo noi!)

VENEZIA. Un po’ horror, con un tocco di poesia, il cuore solidale e un forte senso del riciclo. L’arte esonda alla Biennale facendosi musicale, tessile, biologica e taumaturgica, al punto da confondere i piani in un’unica, grande installazione collettiva nella quale gli artisti sono, a turno, sciamani, musicisti, tessitori di amache, spazzatori di luce e collezionisti di sneaker e mutande.
Dal setaccio dei Giardini di Castello e dell’Arsenale, dieci appuntamenti da non perdere: a nostro "insindacabile" giudizio.
1) LO SPAZZATORE DI LUCE. Come fosse polvere, però è luce; come fosse un tappeto, però è un rettangolo bianco. “One thousand and one night”, in Arsenale, è l’opera del belga Edith Dekyndt che, insieme all’idea, ha anche trovato un virtuoso della ramazza disposto a spazzare per otto ore al giorno il pulviscolo dall’invisibile persiano.

2) LA NUOVA ZELANDA. Su uno schermo lungo quaranta metri, il larghissimo film d’animazione digitale di Lisa Rehiana racconta di colonialismo, potere e desiderio alle Tese dell’Isolotto, in Arsenale. Per vederlo tutto insieme bisogna spostarsi su e giù sulla panchetta.

3) DOBERMANN DELLA GERMANIA. Hanno i turni come i guardisale, le ore di riposo come al circo e sono la performance canina dall’artista Anne Imhof dal titolo “Faust” al Padiglione della Germania: sei cuccioloni di doberman dentro un recinto raspano intorno ad altrettanti ragazzi-comparse dallo sguardo spiritato, non si capisce se per esigenze artistiche o per la strizza. I cani sono stati affittati da una signora veneziana, che è la vera perfomance di se stessa fuori Biennale.
4) LE SCARPE FIORITE. Una nota tenera, a metà delle Corderie, opera di Michel Blazy: dalle scarpe da ginnastica spuntano piantine di salvia, rametti di rosmarino, ogni tanto un fiore di campo e altri aromi deliziosi; l’arte di riabilitare olfattivamente anche le vecchie Converse (il Giappone ha invece riciclato magliette e mutande).

5) IL TUNNEL DI CUOGHI. Un tunnel di plastica gonfiabile che è un obitorio di corpi di composto organico che cambiano forma a seconda della voracità della muffa. Alla fine del tunnel, però, non c’è la luce bensì una cella frigorifera dove conservare i resti e una macchina disidratatrice dove ridurli. Vita e morte (soprattutto morte) nell’installazione di Roberto Cuoghi dal titolo “Imitazione di Cristo” al Padiglione Italia in Arsenale. La vera santa, però, sembra l’addetta alla sorveglianza.

6) GLI SCIAMANI. Sotto una tenda di rete, su un pavimento di terriccio, con le facce impiastricciate di colore, gli sciamani radunati dal brasiliano Ernesto Neto, alla bisogna, si produrranno in riti di guarigione. Il pubblico, senza scarpe, se ci crede può partecipare. Alle Corderie.
7) L’AMACA DELLE FILIPPINE. Opera paziente di molte mani, che per molti mesi tesseranno molti fili su un’amaca grande quanto un paracadute. Chi sa tenere in mano l’ago, può lasciare il proprio segno. L’opera arriva dalle Filippine con l’artista David Medalla che ora deve pensare seriamente a dove piazzarla dopo la Biennale.

8) IL PAGDIGLIONE MUSICALE. La Francia, con Xavier Veilhan, ha trasformato il suo padiglione ai Giardini in una geometrica "scatola" acustica in legno, con tanto di studio di registrazione, in cui si farà musica per tutta la durata della Biennale.

9) I "GOMITOLI" COLORATI. Sembrano giganteschi gomitoli di lana: è il grande impatto dell'opera di Sheila Hicks "Scalata al di la dei terreni cromatici", alle Corderie.

10) LE MASCHERE MAPUCHE. Sono 1500 quelle esposte dall'artista cileno Bernardo Oyarzùn, in un padiglione buio, illuminato dalle rosse scritte a led sulle pareti che riportano 700 cognomi della comunità, che resiste all'estinzione, con la sua cultura, nonostante tutto.

Poi c'è l'Arsenale di Venezia, in tutta la sua meraviglia.
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