Bimbi tolti alla mamma l’Appello: tornino insieme

Il tribunale minorile aveva deciso di allontanare dalla donna i figli di 2 e 3 anni Decisione giudicata sproporzionata dai giudici di secondo grado
Di Cristina Genesin

Il papà in carcere. La mamma già allontanata dal figlio più grande, di 9 anni. Poi il 19 giugno per lei, come già avvenuto per il marito (condannato in primo grado per violenza sessuale nei confronti di una 17enne), è arrivata la decisione del tribunale dei Minori di Venezia sia pure provvisoriamente esecutiva: immediato allontanamento dai due figli più piccoli di 2 e 3 anni e loro trasferimento in una comunità protetta segreta. Una tragedia per la donna con residenza nel Padovano che si è opposta con un “atto di reclamo” urgente trasmesso alla Corte d’appello di Venezia (terza sezione civile per i minori). E lo ha vinto, in attesa della pronuncia di merito, tutelata dall’avvocato padovano Silvia Rossaro. I giudici hanno accolto l’istanza presentata dal legale di Maria (nome di fantasia per tutelare i minori), bocciando come sproporzionato il provvedimento del tribunale di minorile: la mamma potrà rientrare nella comunità per riunirsi ai due figli più piccoli e vivere con loro. E potrà incontrare periodicamente la coppia di parenti decisi (a sostenere quel fragile nucleo familiare sotto il controllo dei Servizi sociali comunali al momento affidatari) mentre, per quanto riguarda il figlio più grande, lo incontrerà insieme ai fratellini almeno una volta a settimana nel corso di visite “protette”. I giudici d’appello sono stati chiari: l’allontanamento disposto dal tribunale avrebbe potuto influire negativamente «sui rapporti che i minori hanno intrattenuto con la madre sin dalla nascita...» considerata «la loro tenera età».

Massima prudenza prima di recidere il legame mamma-bambino. Pur condividendo le preoccupazioni dei Servizi sociali – e confermando la sospensione dei rapporti paterni con tutti i figli – la Corte d’appello rileva che «non vi sia l’urgenza di allontanare la madre dai due figli più piccoli» fino alla nuova relazione delle assistenti sociali prevista per ottobre. Piena tutela al nucleo familiare originario per dare una chance a quella mamma in difficoltà, come richiesto dall’avvocato Rossaro.

«Non può essere vanificato il lavoro svolto fino a oggi, anche con risultati positivi, seppur limitati e forse non stabilizzati... I bambini hanno “tratto giovamento per il loro sviluppo dall’ambiente protetto della comunità, la madre ha raggiunto discrete capacità di accudimento verso l’ultimo nato... nei rapporti con il secondogenito una sufficiente attenzione ai suoi bisogni... giovandosi del supporto educativo degli operatori”» aggiungono i giudici, citando i rapporti della comunità-famiglia. Non solo. La Corte d’appello riconosce che la madre ha ripreso a lavorare con un contratto a tempo indeterminato e una retribuzione di circa 1.100 euro mensili, stipendio in grado di garantirle autonomia con il supporto della coppia di parenti. Non a caso i giudici suggeriscono di valutare l’affidamento a una “famiglia allargata”, quella formata dalla mamma (decisa a separarsi dal marito uscito in questo giorni dal carcere) e dalla coppia di cugini che l’aiutano.

Storia tragica quella di Maria, vittima della “tratta”, salvata da un destino sulla strada, poi un figlio dietro l’altro e un coniuge violento. Nel 2013 la nuova vita in comunità con gli ultimi due nati e il trasferimento del maggiore in un’altra struttura. Il ragazzino, con disturbi psichici tanto da essere seguito da psicologi, era “volato” da una finestra di casa: si trovava in compagnia del papà e la mamma era al lavoro. Un volo per fortuna senza pesanti conseguenze sul piano fisico ma sufficiente, dal punto di vista legale, a far sospendere la potestà genitoriale.

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