Botte, sigarette spente sulla pelle: la denuncia di una donna dopo 20 anni di abusi

La 50enne racconta perché ha denunciato il partner: «Non l’ho fatto perché mi sentissi forte, ma perché ero disperata». L’ultima aggressione fisica risale a settembre 2022, ma il tormento non è mai cessato

Silvia Bergamin
Palazzo di Giustizia di Padova
Palazzo di Giustizia di Padova

 

«Dopo 20 anni di abusi, violenze fisiche e psicologiche, maltrattamenti continui da parte del mio ex compagno, ho trovato il coraggio di denunciare. Ma non ho trovato giustizia».

Così inizia la lettera aperta di F.S., 50 anni, inviata al giudice padovano che ha prosciolto il suo ex compagno per prescrizione. Le sue parole sono un grido di dolore e rabbia, ma anche una promessa di resistenza.

La donna, che ha vissuto per anni un incubo fatto di soprusi e minacce, ha deciso di mettere nero su bianco la sua storia. Il suo ex compagno, residente nel Cittadellese, è stato accusato di maltrattamenti, violenze fisiche e psicologiche, stalking, persino di atti di controllo ossessivo.

La testimonianza

«Ho vissuto nel terrore», racconta F.S., descrivendo un’esistenza in cui ogni gesto era segnato dalla paura delle reazioni dell’uomo.

Le sue minacce non erano solo parole: segni di taglio alla gola mimati con le mani, fari accesi sulla sua abitazione di notte, inseguimenti documentati dalla videosorveglianza.

«Tutto riportato nelle cinque integrazioni di denuncia che ho reso ai carabinieri», spiega. Eppure, non è bastato. La giustizia si è fermata di fronte alla prescrizione, lasciando la donna con una profonda sensazione di abbandono.

La storia di F.S. inizia due decenni fa, quando, insieme all’ex compagno, viveva in una situazione che definisce “un inferno”.

Non solo violenza fisica

Non solo violenza fisica – «botte, sigarette spente sulla pelle, umiliazioni» – ma anche psicologica: un controllo malato, che è continuato persino dopo la fine della loro convivenza. «Ho subito tutto questo anche davanti a mio figlio maggiore, che all’epoca aveva appena sette o otto anni», scrive, sottolineando quanto fosse devastante la situazione non solo per lei, ma per tutta la sua famiglia. La decisione di denunciare non è stata facile.

«Non l’ho fatto perché mi sentissi forte, ma perché ero disperata», ammette. Dopo anni di soprusi, ha trovato il coraggio di rivolgersi alle forze dell’ordine, raccontando ogni dettaglio delle aggressioni subite. «Chi ha ascoltato la mia denuncia ha rabbrividito», ricorda.

La delusione della giustizia: «Prescrizione di cosa, se le condotte persecutorie non sono mai terminate?», si chiede F.S. L’ultima aggressione fisica risale a settembre 2022, ma il tormento non è mai cessato.

L’uomo, racconta, ha continuato a perseguitarla indirettamente, intentandole cause legali con l’unico scopo di farle spendere denaro e mantenere quel controllo ossessivo che per anni l’ha imprigionata. Il proscioglimento per prescrizione è stato un duro colpo.

«La giustizia si è fermata dopo cinque minuti di udienza, lasciandomi con vent’anni di vita rubata e una condanna all’impunità del mio aguzzino», scrive con amarezza.

La denuncia in una lettera

La sua lettera è anche una riflessione amara sulla realtà che tante donne vittime di violenza si trovano ad affrontare: «Si dice alle donne di denunciare, di farsi avanti, che saranno aiutate. Ma per cosa? Per sentirsi dire che tutto è prescritto e restare esposte agli stessi rischi, ma senza più speranza?».

F.S. accusa il sistema di aver tradito la sua fiducia. «Forse, se fosse riuscito a uccidermi, avreste reagito?

Forse, se non fossi stata una vittima sopravvissuta, avreste fatto qualcosa?». Parole dure, che denunciano una giustizia percepita come distante e indifferente alle reali conseguenze della violenza domestica.

Nonostante il senso di abbandono e il dolore per una battaglia che sembra senza fine, F.S. non ha intenzione di fermarsi. «Io non mi arrenderò», ribadisce con forza. La sua determinazione nasce non solo dalla voglia di ottenere giustizia per sé stessa, ma anche dalla volontà di dare voce a tutte le donne che si trovano a vivere situazioni simili.

«Il coraggio di una denuncia non può essere tradito dalla superficialità di chi decide in pochi minuti del destino di una vita», scrive. Ora F.S. promette di continuare a raccontare la sua storia, ovunque sia necessario, per far capire cosa significhi vivere senza tutele, senza il sostegno delle autorità. Il suo messaggio è chiaro: nonostante il dolore, nonostante il senso di ingiustizia, non si fermerà. 

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