Cade il murale, residenti in festa «Park, negozi e stop al degrado»

Alla fine l’Ayrton Senna del writer padovano Alessio B è stato buttato giù. La ruspa ci ha impiegato esattamente trentacinque secondi a demolire il volto della leggenda dell’automobilismo che guardava piazza De Gasperi. Cinquantadue ce ne sono voluti per spazzare via l’intero murale, compreso il Cristo redento sullo sfondo di Rio realizzato da una crew francese. Con un sottofondo di urla, incitamenti e applausi dei residenti. Tutti con lo smartphone a immortalare la “liberazione” della piazza.
Ha prevalso, infine, l’animo esacerbato del rione: gli anni di degrado che hanno imposto le chiusure dei negozi; gli anni di decadimento che hanno fatto precipitare i prezzi degli immobili; gli anni di imbarbarimento che hanno rovinato la reputazione di via Trieste. A nulla è valsa la disperata difesa dell’assessore alla cultura Andrea Colasio. Ieri la ditta ha aperto il cantiere alle 7 del mattino. Qualche minuto dopo c’erano già i primi testimoni, residenti e commercianti. Alle 7.40 è arrivato Colasio. C’è stato un momento in cui il muro ha tenuto testa alle proteste e in cui Colasio ha davvero creduto di avere una possibilità con i residenti. «La storia del murale di Senna è legata proprio al degrado di questo luogo», ha detto, «La casa (ex Avis) andava buttata giù da molto tempo, lo so. Ma adesso immaginate i plateatici, l’illuminazione, la piazza riqualificata con luci proprio sulla testa di Senna. Diventerà un simbolo di rinascita». «Se lei ci garantisce che resta solo la testa, ci stiamo», a parlare è uno dei più contrari detrattori della street art: anziano, stanco, esasperato. Allora c’è speranza. Malgrado l’estenuante discussione senza alleati in Giunta che ha decretato l’abbattimento. «La street art è anarchica per sua natura», ha aggiunto l’assessore, infervorato. «Non ricordate che anni fa, con Zanonato, salvammo un’opera di Kenny Random? L’arte può essere una risorsa e Senna arricchisce e dà valore alla piazza. Questo pezzettino è una testimonianza, anche se negativa. Discutiamo assieme. Per abbatterlo la ruspa dovrà passare sul mio corpo». E si è lanciato verso la rete che delimitava il cantiere, illuminato dalla fiducia. I residenti a quel punto si sono consultati. Intanto è sopraggiunto il tabaccaio: «Personalmente non sono d’accordo», ha sentenziato. «Lei dovrebbe venire qui alla sera», ha detto a Colasio, «non solo per rendersi conto dello spaccio, che pure qui è costante, ventiquattro ore su ventiquattro. Questa parete resterà un vespasiano e una barriera per chi effettua controlli. Qui si continueranno a nascondere i delinquenti. Mentre i plateatici d’inverno non ci saranno». «Basta, basta interruzioni, basta ostacoli», ha sbraitato una signora in pelliccia.
«Qua noi immaginiamo negozi aperti, un parcheggio funzionale, un’illuminazione efficiente, aiuole e dunque un’area liberata dal degrado», spiega un’altra residente. «Se ne avessimo parlato prima, forse si poteva trovare una soluzione, ma oggi noi vogliamo solo vedere tutto buttato giù», ha aggiunto un’altra. A quel punto è arrivata una telefonata al capocantiere. Pochi secondi dopo la ruspa ha acceso il motore e alle 9.07 ha fatto il suo lavoro. Una donna ha superato la transenna e si è portata via qualche pezzo di murale ormai ridotto a brandelli. I residenti, felici, hanno concluso la giornata con un brindisi sulle macerie della street art.
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