Cambia nome in Tunisia: il Comune non lo sposa

L’odissea di un tunisino e una padovana, genitori di tre figli: «Mi hanno trattato da malavitoso, ho pregato e pianto»
BARSOTTI - FAMIGLIA DI MOKHTAR MOKRANI -
BARSOTTI - FAMIGLIA DI MOKHTAR MOKRANI -

PADOVA. Da Moktar Bouzid a Mokhtar Mokrani, un cambio di cognome tunisino che ha mandato in tilt l’ufficio matrimonio e quello anagrafe del Comune che pretende le carte tunisino che confermano il cambio di nome. E quelle che presenta Mokhtar non vanno bene. L’incapacità a risolvere la faccenda ha rimandato di sette mesi il matrimonio di Mokhtar con Elisabetta Gasperi.

L’iter. Non importa che i due promessi abbiamo fatto avere, malgrado la fatica, ogni documento richiesto; non importa che la questura abbia, invece, riconosciuto il secondo nome del tunisino tanto da averlo scritto sul permesso di soggiorno; non importa, soprattutto, che convivano da 12 anni e che, nel frattempo, abbiano costruito una meravigliosa famiglia dando alla luce tre splendide creature: di 9, 8 e 5 anni. Non importa nemmeno che vivano in una casa comunale, che i vicini li rispettino e stimino, tanto da regalargli gli abiti del matrimonio. Il risultato è che, dopo mesi di via vai tra uffici, carte, traduzioni e autenticazioni, l’abito bianco di Elisabetta è stipato in armadio insieme alla giacca ed alla cravatta di Mokhtar. A tirare le fila della vicenda ci penserà l’avvocato della coppia: Elisabetta ha denunciato il Comune.

I fatti. Dopo una lunga convivenza la coppia, la scorsa estate, decide di convolare a nozze. Quindi si presenta in Comune per capire l’iter da seguire. Per Elisabetta non ci sono impedimenti. Per lo sposo incominciano le prime richieste: nullaosta dalla Tunisia, stato di nascita e passaporto. Dalla Tunisia la famiglia di Mokhtar si mette in moto: dopo un mese il carteggio richiesto è nelle mani degli impiegati comunali. Solo che non serve a nulla: servono ancora la sentenza che conferma il cambio del cognome; la certificazione della Prefettura e dell'Ambasciata; la traduzione del certificato di nascita; la firma autenticata del traduttore. Mokhtar recupera tutto in un vortice di timbri e autorizzazioni che sembra non finire più. L’assessore all’anagrafe Silvia Clai è rammaricata: «L’ufficio di stato civile sta seguendo le procedure di legge. Inviterò la coppia nel mio ufficio per capire come aiutarli: a capo dell’ufficio c’è la consulente del ministero nonchè del tribunale, una persona brillante. Il cambio di nome è delicatissimo: viene fatto da un altro Stato che ha una tempestica diversa dalla nostra. Non c’è discrezionalità, solo la legge».

Il disappunto. «Abbiamo ingoiato tanti rospi», attacca Elisabetta, «e stamattina l’ennesima porta in faccia: pretendono la fotocopia del registro originale firmato, 43 anni fa, in arabo, che accerti la nascita del mio compagno. Conviviamo da 12 anni. Adesso Mokhtar si arrangia con qualche lavoretto ma io ho un contratto regolare e abbiamo pensato di sistemarci. Ho perso 45 chili per questa storia eppure il mio abito è ancora chiuso in armadio». «Mi hanno trattato come un malavitoso», accusa Mokhtar, «in Comune mi sono sentito un imputato, anche se sto seguendo per filo e per segno la legge. Ho pregato e pianto. Mi resta solo l’umiliazione».

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova