Camorra: «Venivano a casa a minacciarmi con la pistola per riavere i soldi»

Luigino Finotto, ex titolare della Fl Impianti, vittima di usura: la banca pretese il rientro, mi dissero di rivolgermi a Donadio
SCATTOLIN - DINO TOMMASELLA - SAN DONA' - FINOTTO LUIGI VITTIMA DI ESTORSIONE
SCATTOLIN - DINO TOMMASELLA - SAN DONA' - FINOTTO LUIGI VITTIMA DI ESTORSIONE

SAN DONA'. Vittima dell’usura e della banda dei Casalesi, che lo voleva gambizzare ora spera nell’aiuto dello Stato. C’è anche un artigiano del sandonatese, Luigino Finotto, tra le tante vittime della criminalità organizzata, nel mirino della Dda di Venezia che ha arrestato 50 persone, tra cui il sindaco di Eraclea Mirco Mestre. Sfoglia lentamente i giornali, osservando tutto attentamente per non perdere nulla.

E ritorna con la mente al 2003, quando la sua ditta e la sua vita sono crollate a colpi di mazzate continue. Luigino Finotto non si dà pace da allora.

L’imprenditore di Chiesanuova, frazione di San Donà, è tra coloro che per primo ha denunciato l’usura subita nei primi anni 2000, quando ebbe a che fare con i Casalesi per un prestito. La sua “FL Impianti” era un’azienda a quell’epoca florida nel Basso Piave, con una quarantina di operai assunti stabilmente.

Una piccola realtà artigianale che realizzava impianti elettrici, interventi nell’edilizia. Oggi la sede di via del Cimitero nella frazione di Chiesanuova, con attigua abitazione, è fatiscente e ricorda un passato di vitalità ed economia a pieno ritmo, che purtroppo non c’è più.

Lui lavora ancora, qualche piccolo intervento nell’edilizia per andare avanti. Ma il colpo subìto non si dimentica, con un fallimento che ancora gli impedisce di accedere al fondo antiusura che solo lo potrebbe salvare per uscire da un incubo durato quasi vent’anni. Con la moglie osserva amareggiato le ultime notizie sperando che possano rappresentare una svolta. La storia di Luigino, un signore corpulento con un paio di baffoni sotto lo sguardo sempre attento e mobile, gli occhiali appoggiati sulla fronte corrugata, inizia così nel 2003.

Come è cambiata la sua vita e quella della sua famiglia?

«Da allora per noi non è stato più lo stesso. Abbiamo perso tutto e anche la gente ha iniziato a guardarci male, a lasciarci soli. Ci siamo sentiti abbandonati da tutti. E questa è stata la cosa peggiore cui far fronte in tanti anni trascorsi. Lavoravo e mi appoggiavo alle banche. La Cassa di Risparmio che poi era diventata San Paolo Imi e mi aveva richiesto improvvisamente un rientro da tutti i fidi per un milione di euro, con la vendita dei titoli che mi avevano fatto acquistare, in perdita del 50 per cento. Una tragedia per un artigiano come me».

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Come si è avvicinato al giro di usura?

«Attraverso un operaio della ditta mi è stato consigliato di rivolgermi a Luciano Donadio. Da allora sono iniziati i problemi che ancora oggi ci perseguitano. Sono diventato vittima della banda di usurai e chiedo ancora aiuto allo Stato».

Cosa aveva chiesto?

«Ho chiesto 150 mila euro in prestito e ho dovuto firmare assegni per 180 mila euro, quindi dare subito un appartamento».

E poi?

«Ad un certo punto, poco tempo dopo, mi sono trovato in casa l’antimafia: sapevano già tutto e stavano indagando da un bel po’ sul giro di usura. Mi hanno rivelato tutto quanto ormai conoscevano nel dettaglio. Uno scandalo poi sfociato nelle indagini sul vasto e spietato giro d’usura nel Basso Piave e il litorale jesolano. Poi ho deciso di denunciare i miei persecutori ed è scattata l’operazione Fenus. Sono state emesse varie ordinanze di custodia cautelare a seguito delle indagini dei carabinieri che avevano scoperchiato anche un’organizzazione criminale. Gli inquirenti avevano accertato che prestavano il denaro a imprenditori in difficoltà, chiedendo poi interessi che potevano arrivare fino al 200 per cento. Tra queste vittime dello strozzinaggio ero finito anche io, che mi sono trovato in breve tempo dai 150 mila euro chiesti a un milione di euro tra interessi e giri vari di amici e professionisti».

E adesso cosa spera che accada?

«Ora attendo il risarcimento, tra l’altro, per i danni morali e materiali dallo Stato. Ma nel frattempo ci sono state anche le procedure fallimentari. Tutto per un problema burocratico, visto che non sanno quantificare le somme per il mio risarcimento dopo che ho subìto usura, estorsione, minacce a casa, addirittura con la pistola. Venivano mandati qui a intimorirmi. La mia vita e quella della mia famiglia era diventata un inferno. Da una parte attendo il risarcimento dallo Stato, che è previsto per legge, ma dall’altra il fallimento della mia azienda non si è fermato. La mia casa era finita all’asta, poi sono riuscito a riprenderla. Una condizione terribile. Dopo aver vissuto tutto questo spero solo di poter ancora accedere al fondo anti usura, almeno per potermi finalmente rialzare». —


 

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