Camposampiero, restituita la vista a due fratelli affetti da malattia genetica

Operati con successo un ragazzo di 17 anni e la sorella di 14 affetti da una grave patologia altrimenti destinati a diventare ciechi

L'illustrazione della patologia che ha colpito i due ragazzi
L'illustrazione della patologia che ha colpito i due ragazzi

Due giovani pazienti - fratello e sorella - affetti dalla stessa forma di distrofia retinica ereditaria a esordio precoce (grave malattia neurodegenerativa di origine genetica che, se non trattata, si correla a condizioni irreversibili di cecità assoluta entro pochi anni) sono stati operati a entrambi gli occhi all’ospedale Pietro Cosma di Camposampiero da una équipe multidisciplinare di specialisti: i due giovani hanno parzialmente recuperato la capacità visiva.

Affetti da una malattia genetica degenerativa
della retina ad esordio molto precoce e destinati a diventare completamente ciechi, un ragazzo di 17 anni e la sorella di 14 hanno potuto finalmente migliorare le loro capacità visive in progressivo e severo peggioramento fin da quando erano bambini molto piccoli. Tutto ciò è stato reso possibile grazie a complesse procedure di terapia genica intraoculare, eseguite mediante delicati interventi di microchirurgia in grado di garantire la precisa somministrazione di un farmaco bio-ingegnerizzato negli angusti spazi sub-retinici di appena pochi decimi di millimetro.

Gli interventi, avvenuti lo scorso dicembre, sono stati condotti da un team multidisciplinare dell’ospedale di Camposampiero che ha coinvolto le Unità operative di Oculistica (all’epoca diretta dalla dottoressa Elisabeth Milan, attuale direttore dottor Marco Tavolato), Farmacia (allora diretta da dottoressa Emanuela Salvatico, oggi dal dottor Filippo Sconza), Pediatria (direttore il dottor Luca Vecchiato) e Anestesia (direttore la dottoressa Astrid Behr), coadiuvato da medici oculisti dell’Università degli Studi di Ferrara, il professor Marco Mura (esperto di chirurgia vitreo-retinica complessa) e il professor Francesco Parmeggiani (esperto di malattie retiniche e vicepresidente della Società Italiana di Oftalmologia Genetica).

«Questa cura innovativa» illustra il dottor Tavolato «consente di ripristinare quelle funzioni cellulari che la retina dei pazienti non può svolgere a causa di gravi mutazioni bialleliche del gene RPE65 che, se non corrette, conducono progressivamente a danni irreversibili della retina con conseguente perdita totale della vista entro i primi 20-30 anni di vita».

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