Campus Sacro Cuore a Padova, il veto dell’Università paralizza il progetto: si tenta la mediazione

I fondi israeliani puntano a uno studentato da 300 stanze. L’avvocato della società ora vuole incontrare il rettore
L'area dell'ex convitto Sacro Cuore di via Belzoni
L'area dell'ex convitto Sacro Cuore di via Belzoni

PADOVA. Un campus universitario da oltre 400 posti letto e più di 300 camere. È il progetto da 20 milioni di euro di due fondi israeliani sull’ex Convitto Sacro Cuore in via Belzoni, che però rischia di saltare se il Bo non dovesse cedere anche la sua parte di proprietà.

Un’operazione realizzata dalla società Everland grazie alla costituzione di una joint venture tra due importanti investitori professionali israeliani, che sono riusciti a concludere parte dell’affare grazie all’assistenza dello studio Rsm Palea Lauri Gerla, e del team di Andrea Giammello.

Sono serviti 20 milioni di euro per acquisire la parte di proprietà della “Provincia italiana della Società del Sacro Cuore”, l’ente religioso che ha gestito il convitto fino ad alcuni anni fa, ma per realizzare il grande studentato serve comprare l’intero complesso, e quindi anche la parte dell’Università. Dal Bo per ora è stata rifiutata l’offerta arrivata dal fondo.

Siamo in una zona “cerniera” tra quella universitaria e la cittadella ospedaliera. L’ex Convitto ha un impianto architettonico tipico degli antichi conventi, ed è una parte decisamente consistente dell’area urbana del Portello, quindi strategica per studenti e docenti. C’è la necessità di interventi per contrastare il degrado urbano ed edilizio. Il progetto di riqualificazione del complesso del Sacro Cuore va quindi in questa direzione, con l’obiettivo di realizzare uno studentato per 10 mesi dell’anno, e per l’affitto turistico nei 2 mesi estivi.

Aldilà della ristrutturazione, che prevede una nuova copertura sul corpo centrale (danneggiato dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale), gli ampliamenti e la realizzazione dei solai, il pezzo forte sono i 401 posti letto in 310 camere (doppie e singole) dello studentato, più altri 20 destinati ai portatori di handicap. E poi aule studio, sale polifunzionali, locali con funzioni ricreative e di socializzazione, il ricovero con ricarica delle biciclette elettriche degli studenti, gli uffici per la gestione dello studentato e un bar a servizio esclusivamente degli studenti.

Pur essendo l’impianto originario dell’edificio principale del 1600, il fabbricato del Sacro Cuore non è sottoposto a vincolo architettonico. Nei primi anni del 1800 il complesso è stato sede dell’Istituto di Educazione Femminile “San Luigi”, mentre nel 1843 viene assunto dalle Dame del Sacro Cuore come sede della scuola materna, elementare e doposcuola femminile. Da allora la proprietà è rimasta dello stesso Ente ecclesiastico, ma nel 2011 una parte (circa 1. 920 mq rispetto agli 11. 120 totali) è stato acquistata dall’Università. E qui nasce il nodo che rischia di far saltare il banco: nonostante ci fosse un pre-accordo con il Bo per realizzare lo studentato, l’offerta degli israeliani è stata rifiutata.

Trattandosi di un bene pubblico, il prezzo è stato stabilito con una perizia, che ha valutato in 1, 9 milioni di euro la parte di proprietà del Bo. L’offerta del fondo è stata leggermente inferiore (di circa il 3%), e poco prima di Natale è arrivato il veto da parte dell’Università, che ha deciso di mettere tutto all’asta. A mediare tra il fondo e il Bo ci sta provando l’avvocato Sergio Dal Prà, che cura gli interessi di Everland.

La prossima settimana dovrebbe incontrare direttamente il rettore Rosario Rizzuto, ma nel frattempo ha già inviato una lettera in cui contesta la decisione, richiamando i precedenti accordi presi ed evidenziando come il progetto non sia realizzabile con un utilizzo separato dei beni. —
 

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