Canaletto, l’imbroglione della camera ottica

A Palazzo Grimani a Venezia esposto il suo Quaderno di schizzi: che rivela il particolare metodo di lavoro
Di Enrico Tantucci

VENEZIA. Canaletto l’”imbroglione”. Lo ha chiamato anche così, ieri Annalisa Perissa Torrini, direttrice del Gabinetto di Disegni della Gallerie dell’Accademia e curatrice della mostra dedicata al Quaderno Veneziano del grande vedutista veneziano settecentesco, che si è aperta (fino al primo luglio) a Palazzo Grimani.

Perché questa stupenda raccolta di schizzi di “lavoro” conservata all’Accademia e normalmente non visibile al pubblico - esposta al Grimani assieme ad altri 24 disegni di antica provenienza veneziana - riesaminata per l’occasione, ha permesso di rivisitare il “modus operandi” dell’artista e stabilire il ruolo svolto dalla camera ottica nell’ideazione e la realizzazione delle vedute dio Venezia, come ha sottolineato anche la soprintendente al polo museale veneziano Giovanna Damiani.E ciò che emerge è appunto l’inganno canalettiano, l’illusionismo del realismo quasi fotografico delle sue vedute di Venezia, ricostruite in studio proprio sulla base di quegli appunti visivi. L’artista - ha spiegato la dottoressa Perissa - aveva un metodo di lavoro preciso, e, in barca, riportava le tracce luminose delle sue vedute, disegnate sul foglio bianco dalla camera ottica, con una punta metallica, ripresa a volte con una matita rossa o sanguigna.

Per ritrarre i diversi edifici non si spostava, ma, da fermo, faceva solo ruotare la lente della camera, con un massimo di 90 gradi. Iin studio, ricomponeva le vedute, riportate sui diversi fogli del quaderno e ne traeva poi i suoi dipinti, con le piccole, ma evidenti variazioni che gli erano più convenienti: abbassando un camino, o riducendo impercettibilmente la facciata di un palazzo.

Di qui l’inganno, originato da quei sette fascicoli di disegni che solo successivamente sono stati rilegati insieme, nell’Ottocento, come sono prevenuti, sotto forma di donazione alle stesse Gallerie dell’Accademia. La mostra veneziana dà anche la possibilità di sfogliarlo virtualmente, il quaderno, e ritrovare così il processo creativo del lavoro di Canaletto, con le tipiche annotazione sui colori, sui materiali e sui luoghi ritratti, le correzioni e le abrasioni, i cambi di inchiostro e di penna e appunto l’impiego della punta metallica, la più adatta a “catturare” subito sulla carta la silhouette luminosa disegnata dalla camera ottica.Il Quaderno di Canaletto è pubblicato per l’occasione in facsimile dalla Marsilio, e l’edizione segue quella curata dalla Canal editrice nel ’97, quando a dare alle stampe la raccolta di schizzi era stata Giovanna Nepi Scirè, allora soprintendente ai Beni Artistici e Storici di Venezia.

Con il Quaderno vengono esposti altri otto fogli canalettiani, tra cui il cosiddetto “scarabotto” con il Canal Grande di fronte alla Salute e il Traghetto di San Moisè. Provengono anch’essi dalle Gallerie dell’Accademia, assieme ad altri sette da Trieste e, ancora, a sette fogli della collezione Corniani-Algarotti e a due dalla Cini e dal Museo Correr. Accanto ai disegni, nelle sale del Grimani sarà possibile ammirare alcuni dipinti di Canaletto abbinati ad incisioni appartenute al console Smith, il mecenate-mercante dell’artista. Ma Canaletto restò povero. Lo attestano con certezza anche alcuni documenti presenti in mostra - allestita da Annunziata Genchi - e trovati da Alessandra Schiavon all’Archivio di Stato di Venezia, che spiegano anche come egli vivesse a Venezia con le sorelle e un cugino, dividendo la stessa casa.

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