Cappone e cotechino: due totem intoccabili

Torna il “tutto esaurito” nei ristoranti, ma guai a cambiare i menu-nostalgia. Erminio Alajmo: «Anni d’oro lontani, ma è bello vedere le famiglie uscire»

PADOVA. Crisi o non crisi, che si parli di sacro o di profano, la tradizione a Natale non si tocca! Con cappone e musetto assurti a totem in cucina, quasi quanto il presepe lo è accanto al focolare domestico. Più che simboli, certezze. Rassicuranti certezze, in un momento in cui tutto sembra essere messo in discussione. Ecco, in trasparenza si intravvedono anche dei valori ancestrali nel bisogno di trovare nel desco natalizio i piatti di sempre. Trasmettono sicurezza, evidentemente. Evocano atmosfere familiare serene, aria di festa, gioia nella condivisione. Ecco perché, in fondo in fondo, non appare così irriverente accostarli con le dovute cautele al rito del presepe.

«A noi» ammette sorpreso Giorgio Borin, presidente dei Ristorantori Padovani e titolare del ristorante La Montanella di Arquà Petrarca (menu a 58 euro, tutto esaurito da un bel po’) «che quest’anno accanto all’immancabile cotechino di casa con purè e lenticchie abbiamo inserito in menu la faraona con le castagne, qualcuno ha chiesto, non senza imbarazzo, di poter avere anche il cappone...».

Al di là del cosa portare in tavola, tira di nuovo aria da tutto esaurito nei ristoranti di città e provincia, specie in quelli dei Colli Euganei. «È vero, registriamo segnali di leggera ripresa nelle prenotazioni, in linea con la tendenza nazionale» conferma Erminio Alajmo, presidente dell’Appe di Padova e titolare del ristorante stellato La Montecchia di Selvazzano (menu a 90 euro, cartello “completo” affisso da giorni) «ma questo non significa che siamo tornati agli anni d’oro. Diciamo che almeno a Natale le famiglie non rinunciano al piacere di condividere la festa al ristorante, tutti insieme. E i ristoratori hanno sostenuto questo ritorno in massa praticando nell’occasione prezzi più che ragionevoli. E offrendo, in molti casi, sensibili sconti ai bambini».

Vanno molto i menu “tutto compreso” che ai ristoratori assicurano economie nei costi e ai clienti la tranquillità di un prezzo senza sorprese.

La cena della vigilia, invece, dà qualche timido segnale ma non decolla. «È una tradizione del Centro-Sud» aggiunge Alajmo «qui da noi è vero che qualcuno è legato al rito gastronomico dei bigoli in salsa e del capitone in umido, ma in genere le famiglie preferiscono organizzarsi a casa più che al ristorante, per poi scambiarsi i regali sotto l’albero e uscire per la messa di mezzanotte. Vivo a Padova da 52 anni e continua ad essere così».

Fabio Legnaro, titolare dell’Antica trattoria Ballotta di Torreglia (menu a 60 euro, tavoli completi a Natale) nonchè presidente delle Tavole Tauriliane e delegato veneto di Fiapet - Confesercenti, parla di un 15% in più di prenotazioni nei locali dell’associazione. «Alle Terme gli alberghi si attendono il pienone» aggiunge «e questo avrà una ricaduta positiva anche sui ristoranti del territorio. I prezzi medi vanno dai 45 ai 60 euro». Al boom di presenze alle Terme hanno senza dubbio contribuito la mancanza di neve in montagna e la paura di attentati. Quest’ultima ha frenato chi era abituato a viaggiare: meglio Natale e Capodanno a casa. Una scelta rassicurante e “risparmiosa”. Rassicurante come trovare nel piatto il cotechino o il cappone, che tanto ricordano l’infanzia e i buoni sentimenti. Di quelli, specie a Natale, ce n’è sempre bisogno.

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