Caso Birolo, impugnata la sentenza di assoluzione

La sorella del ladro ucciso dal tabaccaio di Civè s’è rivolta alla Cassazione per ribaltare il verdetto. «Incubo senza fine»
GENESIN - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - TABACCAIO BIROLO CONDANNATO
GENESIN - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - TABACCAIO BIROLO CONDANNATO

CORREZZOLA. Non è ancora finita. Franco Birolo, il tabaccaio di Civè, dovrà aggiungere un nuovo capitolo alla sua già tormentata vicenda giudiziaria iniziata otto anni fa. Nei giorni scorsi ha ricevuto la notifica da parte del tribunale che gli ha comunicato che la sorella di Igor Urso, il ventunenne moldavo rimasto ucciso mentre nel 2012 era stato sorpreso a rubare all’interno della sua tabaccheria, è ricorsa in Cassazione per impugnare la sentenza della Corte d’appello che un anno fa lo ha assolto. Al terzo grado di giudizio la donna, che risiede a Roma, chiederà che sia annullata l’assoluzione e che sia ripristinata la condanna inflitta dal giudice di primo grado che condannò Birolo non solo a due anni e otto mesi di carcere per eccesso colposo di difesa, ma soprattutto a un maxi-risarcimento di 325 mila euro alle parti civili.

«È una storia senza fine» commenta sconsolato il tabaccaio, «non so ancora se e quando sia ancora stata fissata l’udienza. Non so che dire. Riprende d’improvviso un calvario che ha condizionato in maniera pesantissima la mia vita e quella della mia famiglia». Preoccupato? «Mi ero quasi illuso di avere voltato pagina» continua Birolo, «dopo tutto quello che ho provato sulla mia pelle in questi anni, seppure mi si dice di stare tranquillo, è inevitabile che a questo punto non ci possano essere certezze».

Birolo oggi è ancora nel suo negozio, sebbene da qualche mese abbia deciso di cambiare vita, cedere le licenze e chiudere l’attività per dedicarsi a curare i terreni di famiglia e ritrovare un minimo di serenità. «I tempi tecnici per il trasferimento delle licenze per i tabacchi non sono immediati» spiega, «chi rileverà l’attività dovrà trovare prima dei nuovi locali perché non affitterò di certo il mio negozio. Non avrebbe senso che mi tenessi il rischio ancora in casa, continuando a far vivere la mia famiglia nel terrore che possa accadere ancora qualcosa».

Da quando è stato assolto Franco Birolo affianca alla gestione del negozio un’attività di supporto alle associazioni che si occupano della tutela di chi, come lui, è rimasto invischiato in vicende giudiziarie. «Nel mio piccolo faccio quello che posso» spiega, «perché è necessario lottare per stabilire finalmente delle regole chiare e dei diritti per chi rimane vittima di questa circostanze». Ad avvicinarlo ci sono anche tanti partiti che ne hanno chiesto la candidatura nelle proprie fila. «Non sono fatto per fare il politico» glissa, «perché per prima cosa non mi interessa. Poi ritengo di non possederne le caratteristiche e neppure la preparazione. Con l’Osservatorio portiamo però avanti il discorso sulla legittima difesa e di come possano essere migliorate le leggi. Bisogna tenere alta l’attenzione e per questo cerchiamo di coinvolgere le forze politiche confidando che le tante promesse possano trasformarsi in azioni concrete. Tutti ne continuano a parlare ma purtroppo si fa poco. Bisogna capire che nessuno di noi può considerarsi immune e che una circostanza inaspettata e imprevedibile potrebbe all’improvviso stravolgere la propria vita. Non è una questione personale, ma un passo avanti da fare per il bene di tutti».

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