Chi era Damiano Angi, stroncato da un malore durante un combattimento di softair

Cinquantadue anni, sposato senza figli, abitava a Vigonza. Contitolare dell’azienda Silice. La tragedia la mattina del 2 febbraio nei boschi di Volpago del Montello

Giusy Andreoli
Damiano Angi
Damiano Angi

La notizia della morte di Damiano Angi è arrivata a Vigonza nel primo pomeriggio di domenica ed è stato come un fulmine a ciel sereno.

Angi, 52 anni, imprenditore di professione, sposato, senza figli, è stato stroncato da un malore durante un combattimento simulato di softair in un’area boschiva a Santa Maria della Vittoria, territorio comunale di Volpago del Montello.

Infarto mentre gioca a softair, 52enne muore davanti agli amici
Una fase di gioco del softair (foto di archivio)

Era molto conosciuto a Perarolo, dove abitava insieme alla compagna Raffaella Varosi, e a Peraga, dove era contitolare della Silice, azienda che opera nel campo delle apparecchiature elettroniche.

Originario di Vigonovo, dove ha familiari e parenti, aveva 52 anni, compiuti in settembre. Con la compagna condivideva la passione per il softair e aveva chiesto ad amici e amministratori comunali se c’era la possibilità di avere un’area dedicata.

Sia Angi che la compagna amavano gli animali e si occupavano di un paio di gatti che curavano con molta attenzione. Angi aveva lavorato molti anni alla Micronova, nota azienda produttrice di materiali elettrici e componenti elettronici con sede in via Antonio Niedda a Peraga, specializzata nella realizzazione di schede elettroniche per l’industria che vanta come clienti i più grandi nomi anche stranieri.

Aveva poi lasciato Micronova per mettersi in proprio e con un socio aveva aperto la Silice, in via Colonnello Varisco, sempre nella zona artigianale di Peraga. Aveva però mantenuto rapporti lavorativi con Micronova, per la quale continuava a lavorare nell’assemblaggio e collaudo di schede elettroniche.

Il dolore dei colleghi

«Siamo tutti sotto choc», racconta un ex collega, «una persona socievole e altruista, che se poteva dava sempre una mano. Se aveva un problema ci si consultava e si risolveva. Un uomo buono, semplice, alla mano. Non riusciamo a renderci conto di questa disgrazia».

Incredulità anche a Busa, frazione che frequentavano insieme. «Non ci posso credere, uno più tranquillo e buono di lui», dicono agli amici del bar dove tutte le mattine la coppia si fermava a bere un caffè prima di andare a lavorare».

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