«Ci sono guerre da fare dobbiamo restare uniti». Ecco come Fasolo e Barban avevano puntato anche ai fondi del Covid

I retroscena
Avevano creato fin dal 2016 una macchina mangiasoldi derubando il Fisco italiano tramite il meccanismo delle compensazioni dei crediti d’imposta, forti del fatto che negli ultimi anni le maglie a favore del contribuente si erano fatte più larghe. Ovvero prima pagavi tutto e poi chiedevi il rimborso del credito d’imposta; ora il meccanismo compensativo consente a ogni contribuente di calcolare quanto gli spetta, potendo trasferire il credito a enti intermediari (Camera di commercio o altri come l’ente bilaterale metalmeccanici) e incassare da questi (in contanti) l’anticipo del credito destinato a essere saldato dall’Agenzia delle Entrate. Ma i soldi sporchi, si sa, non bastano mai.
E da veri professionisti del crimine, la “ditta” Matteo Fasolo & Gianmario Barban si era già messa in pole position per agguantare la pioggia di soldi pubblici in campo per aiutare le imprese massacrate dalla crisi della pandemia. Insomma, i fondi previsti prima nel decreto Cura Italia e poi in quello Rilancio. Di più, i due avevano già presentato le istanze per ottenere quei contributi a sostegno del reddito d’impresa per conto di Vissionaire e Vero srls intestate a Gianmario Barban, Sab Srls che faceva capo al prestanome nigeriano Solomon Aire, Consulenza su misura srl e Amministrazioni & Contabilità srl.
Avranno pensato i due soci: perché non approfittare di una valanga di danaro in arrivo e magari dei controlli blandi nel bel mezzo della tempesta che sta decimando gli operatori economici? Il piano è ben congegnato da uno che di numeri, finanza e meccanismi contabili è un buon esperto visto che Matteo Fasolo, fino al 17 dicembre 2018, risulta iscritto nell’Ordine dei Commercialisti di Padova, salvo cancellarsi quel giorno dopo un accesso fiscale da parte dell’Agenzia delle Entrate che controlla l’attività del suo studio: la verifica è del 10 ottobre.
Lui crede di mettersi al riparo da ogni possibile guaio creando la società Cmn srl, costituita sempre il 17 dicembre, per poter svolgere (al di fuori di ogni occhio indiscreto) l’ attività professionale, tutta orientata alle trappole contabili e finanziarie per frodare (e derubare) il Fisco.
L’accordo tra lui e Gianmario Barban è totale. E così la responsabilità è divisa a metà, secondo le risultanze dell’inchiesta della procura padovana guidata dal magistrato Antonino Cappelleri. Eppure non è che la fiducia tra loro sia assoluta: i due soci in affari non esitano a spiarsi a vicenda forse temendo che uno “mangi” più dell’altro.
Al telefono il dialogo, più che schietto, risulta anche offensivo: un giorno Fasolo non le manda a dire al socio Barban. E quest’ultimo risponde alterato che devono essere «coesi perché d’ora in avanti ci sono delle guerre da fare e dobbiamo restare uniti».
Tuttavia il campo è diviso: si lavora uniti ma ognuno gestisce i propri uomini e donne (tra cui la sorella Ilaria Barban e la zia Michela Fasolo) da impiegare come prestanome e da inserire nelle società, salvo poi spartirsi equamente i profitti (finiti in conti correnti croati).
Barban appare più accorto nei suoi affari: attraverso il prestanome Stefan Eckl amministra il Gran Caffè Nazionale a Marostica che ha dirottato dei soldi a Ilaria Barban, amministratore unico di due pubblici esercizi nel centro storico di Venezia, un bar-gelateria a San Polo e un ristorante a Santa Croce.
Un legame forte quello tra i fratelli Barban: è proprio una telefonata fra i due, intercettata il 2 dicembre 2019, a fornire alla Guardia di Finanza la prova che Gianmario (Barban) e Fasolo sono in “società”.
E che il primo paga vari prestanome, tra cui la coppia nigeriana formata da Solomon Aire e Juliana Omono Aire. «Fra Tom e il “negretto” ho speso 2000 euro» racconta Gianmario alla sorella Ilaria. «Almeno fossero serviti a qualcosa» ribatte lei.
E lui: «Il negretto è servito a tutto l’anno scorso mentre Tom è relativo a cose di Fasolo». Il negretto potrebbe essere tanto il marocchino Jilali Bouchraoui, legale rappresentante di Vet Pharma, come lo stesso nigeriano Aire. Pure il prestanome Stefan Eckl, già al vertice del Gran Caffè, è sulla carta legale rappresentante di Argo Holding, quella che Barban definisce una “società morente”.
Del resto, nessuna società del portafoglio gestito dal duo Fasolo & Barban è operativa: si tratta di scatole vuote con un prestanome al vertice (quando non ci sono loro stessi). Ecco la radiofragia delle srl: zero dipendenti, zero versamenti d’imposta, zero operatività, zero dichiarazioni dei redditi. Come Sab srls con sede (formale) a Limena: tra il 2017 e il 2018, tramite Fasolo, utilizza il modello F24 per ottenere compensazioni del credito d’imposta per 208 mila euro legati al bonus Renzi.
Incasserà rimborsi di 8.600 euro per il 2017 e 92.600 per il 2018, il che sarebbe stato possibile solo con un esercito di almeno 400 dipendenti. Talvolta la società non è neppure stata ancora formalmente costituita al tempo del (fasullo) credito d’imposta maturato e richiesto: è il caso di Debbi srl che presenta un’istanza alla Camera di commercio di Cagliari per un credito d’imposta riferito al 2001 quando non esisteva ancora. Legale rappresentante è Juliana Omono Aire che, per pagare il diritto annuale alla Camera di commercio di Padova, propone la compensazione con un credito d’imposta Irap di 13 mila euro. L’ente paga i 12.880 euro, la differenza, convinto di incassare dall’Agenzia delle Entrate la somma. Peccato che quel credito fosse fasullo. Scatta la denuncia. E ora, a breve, interrogatorio di garanzia per i due arrestati Matteo Fasolo (difensore l’avvocato Stefano Fratucello) e Gianmario Barban (avvocato Pascale De Falco).—
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