Cimici e telecamere negli uffici ma i sospettati furono avvertiti

Nel giugno del 2016 una soffiata ha rischiato di compromettere l’inchiesta avviata dalla Procura Uno dei dipendenti, poi nei guai, bonificò le stanze. Accertamenti su appalti e oltre cento affidamenti
Mion Interpress Venezia, 15.07.2011.- Guardia di Finanza Venezia, Conf.Stampa Operazione
Mion Interpress Venezia, 15.07.2011.- Guardia di Finanza Venezia, Conf.Stampa Operazione
Informati. Avvisati. Messi in guardia. Ecco perché i dipendenti dell’Area edilizia e sicurezza dell’università sapevano di essere ripresi e ascoltati: c’era stata una “spiata” che ha rischiato di far fallire l’inchiesta avviata dalla procura. Giugno 2016. Uno dei dipendenti dell’ateneo, finito nell’elenco degli inquisiti, provvede a bonificare alcuni uffici del sospetto malaffare a partire dalla telecamera piazzata sopra la sua postazione, dentro una grata. È chiaro che qualcuno, a conoscenza di telecamere e cimici nascoste in quegli spazi per acquisire prove, ha parlato troppo. E con le persone sbagliate. Così gli incontri per gli accordi illeciti si trasferiscono fuori dalle mura dell’ateneo, in alcuni ristoranti. Ma il lavoro degli investigatori prende ugualmente un’accelerata. E ora l’inchiesta sulla “università pulita” punta a un centinaio di affidamenti diretti (sotto la soglia dei 40 mila euro) e alza l’asticella verso le gare d’appalto. Tra queste, una gara del valore di 250 mila euro (il bando è del 2014) per la quale si sospetta la formazione di un cartello fra sei ditte amiche. Tradotto, un accordo fra i partecipanti sul ribasso del prezzo base d’asta: chi vince è deciso a tavolino, chi perde sarà ripagato con subappalti o al prossim “giro”.


La spiata
. Un impiegato aveva commentato con un collega: «Ci ascoltano. C’è più di quello che ci fanno credere». È un’intercettazione ambientale. Tutti sono allertati. Forte la preoccupazione del dipendente in servizio nell’Area sotto la responsabilità dell’ingegnere Ravazzolo. Si guarda intorno circospetto. Teme quello che può nascondersi in angoli e intercapedini. Un giorno d’improvviso si alza, sale in piedi sulla sedia davanti alla sua scrivania e stacca la grata dal controsoffitto sopra la sua testa. Sospetto fondato: trova una telecamera. Agitatissimo, comincia la bonifica scovando parecchie telecamere e cimici. Il tutto ripreso da altre telecamere che sfuggono a quell’operazione.


Incarico ad personam
. Non c’era lavoro (e relativo incarico) che sfuggisse alla regola gestita dal comitato d’affari dell’ateneo, come indicato nell’ordinanza di custodia cautelare dal gip Domenica Gambardella che ha spedito agli arresti domiciliari il superdirigente dell’Area edilizia e sicurezza, il vicentino Ettore Ravazzolo, e l’impresario Massimiliano De Negri. Un “comitato” che, di fatto, ha messo nei guai anche dipendenti forse troppo attenti a seguire le indicazioni del dirigente. Come il professor Umberto Turrini, ricercatore confermato e docente di Architettura Tecnica, responsabile del Dicea (Dipartimento di ingeneria civile e ambientale) quanto agli interventi strutturali nell’immobile.


Il laboratorio didattico è messo male, serve manutenzione. E Turrini si rivolge all’ingegnere Ravazzolo. Non a caso: è il referente che ha in mano tutta l’edilizia dell’ateneo. Il professore lo contatta al telefono ed è chiaro: vuole sapere come muoversi e a chi rivolgersi. Ravazzolo risponde, fornendo indicazioni sulla procedura e sul nominativo da contattare per i lavori, Massimiliano De Negri. «Ma prima lo chiamo io» avverte, sempre intercettato. Tutto come previsto: l’intervento è assegnato all’impresa De Negri con affidamento diretto per l’importo di 35 mila euro che evita la gara. Il protocollo della pratica è GICZA11C2F782, sigla che rende tracciabile l’appalto da parte dell’Anac (Autorità anticorruzione guidata da Raffaele Cantone). Dopo i primi accertamenti iniziati nel gennaio 2016, è all’Anac che si rivolgono gli investigatori della Sezione di polizia giudiziaria della procura guidati dal procuratore Matteo Stuccilli e dal pubblico ministero Sergio Dini. Il motivo? Recuperare tutta la documentazione amministrativa relativa agli interventi nell’ateneo, senza mettere in guardia i sospettati.


I benefit dell’ingegnere
. A Ravazzolo è contestato di essersi fatto fare gratuitamente dei lavori nell’alloggio in cui vive a Padova in via S. Fermo 86 (per 1.500 euro) e nel lussuoso appartamento di famiglia a Valdagno (per 51. 500). Tuttavia al proprietario dell’abitazione padovana (un legale) il dirigente avrebbe presentato una fattura della ditta De Negri, chiedendo il rimborso di 3 mila euro, in realtà mai spesi.


Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova