Città abbandonata, ecco la mappa

«Carie» nel sorriso urbanistico, buchi neri dell’immobiliarismo, pezzi di città dimenticati a se stessi. Padova sembra aver quasi rimosso segmenti di centro storico e di periferia. Spesso perfino scomparsi dall’attenzione sempre più concentrata sulle Grandi Opere.
Il simulacro simbolico.
Via Anelli, l’ex Bronx della Stanga. È chiuso dal 15 luglio 2007, quando fu sgomberata l’ultima delle sei palazzine al civico 29. Ma da oltre sei anni il vuoto è rimasto tale, perché il piano di recupero proposto dal Comune non ha mai entusiasmato i proprietari né smosso l’interesse vero dei costruttori. Via Anelli così è il simulacro di un intero quadrante di città e insieme il simbolo della mancata rinascita, dopo i sigilli.
Ex Foro Boario.
In Corso Australia, fu eretto oltre 40 anni fa dall’architetto Giuseppe Davanzo e rappresenta la classica “cattedrale nel deserto”. Finora, nessun progetto di riutilizzo ha superato il livello di mera manifestazione d’interesse. Al contrario, la concessione comunale alla gestione Zed per il Gran Teatro Geox ha trasformato l’area contigua grazie a concerti e spettacoli.
Ex cinema del centro.
Chiusi e abbandonati da anni. L’ex Altino (vincolato perché opera di Quirino De Giorgio negli anni ’40) e l’ex Mignon sono «resuscitati» soltanto grazie alle occupazioni. L’ex Concordi è altrettanto abbandonato: in ottobre gli studenti di BiosLab hanno provato a richiamare l’attenzione sul vecchio cinema-teatro che qualcuno pensa di trasformare in parcheggio multipiano, a due passi da piazza Duomo.
Città militare.
Grandi aree, caserme dismesse, spazi ormai inutili. Padova era stata colonizzata dal Ministero della Difesa, ma oggi non ha più senso militarizzare la città. All’ex Prandina (35 mila metri quadri), si lavora per un altro park e la possibile nuova sede dei Vigili del fuoco. In via San Giovanni da Verdara, invece, l’ex policlinico militare degrada da lustri e finora nessuno sembra interessarsene. Ma la “liberazione” delle zone militari riguarda almeno anche la caserma Piave e perfino l’aeroporto Allegri.
Il Bo non ristruttura.
La politica immobiliare dell’Ateneo è a senso unico: nuove costruzioni, in particolare al Portello, e ristrutturazioni “virtuali”. È il caso dell’ex Geriatrico: dal 2004 nella disponibilità dell’Università, secondo il progetto Portoghesi deve diventare il nuovo “polo umanistico”. Aule per 1.500 studenti in 3 mila metri quadri. La biblioteca con 500 mila volumi. Uffici per 350 dipendenti. E un appalto da 25,3 milioni di euro vinto dalla Carron che ha già realizzato il nuovo Orto Botanico.
Dopo il trasloco della Camera del lavoro, in via del Padovanino il complesso alle spalle del Teatro Ruzante è diventato addirittura off limits. Una ragione di più per riaccendere i riflettori sulla situazione attuale e sugli impegni futuribili.
Statistiche.
L’Agenzia del Territorio all’inizio della giunta Zanonato-4 certificava in 212,6 milioni di euro il valore catastale di Padova, in base alle rendite dei 236.635 immobili. Ci sono più magazzini che negozi, un castello, 62 ville e oltre 78 mila appartamenti. Quella «fotografia» immortalava 43 ospedali e case di cura; 95 alberghi e pensioni; 300 scuole. Al catasto risultavano più immobili che residenti. E 706.251 vani (di cui solo 44.167 occupati da studi e uffici) sembravano sufficienti rispetto al fabbisogno.
Recupero da disegnare.
In teoria, è all’ordine del giorno il recupero del patrimonio (pubblico, ma non solo) con cui si può sul serio rimodulare la città del futuro.
Dietro la facciata della Padova smart c’è da ricapitalizzare l’interesse sugli attuali spazi vuoti, sui rischiosi non luoghi, sul puzzle che ancora non combacia. (e.m.)
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