Come si formano le stelle? Lo scoprono i ricercatori dell'Università di Padova
Il team di ricerca guidato da Giulia Rodighiero ha dimostrato che la formazione non è sempre così spettacolare come negli "starburst". La ricerca pubblicata sul "The Astrophysical Journal Letters"
La formazione di una stella in "starburst"
PADOVA. La formazione di nuove stelle? Non è così drammatica e spettacolare come si pensava. Almeno secondo quello che ha scoperto un'équipe dell'università di Padova. Le galassie infatti generano le loro nuove stelle secondo due modalità generalmente riconosciute dagli astronomi: la formazione graduale di stelle nelle galassie a disco gassose (galassie spirali) e il fenomeno più drammatico e appariscente degli "starburst". Gli "starburst" sono il risultato di incontri-fusioni tra galassie massicce e dal repentino consolidamento del gas in esse contenuto.
Ma questa seconda modalità di formazione di nuove stelle è quella prevalente? Nello studio del team di ricerca, guidato da Giulia Rodighiero del dipartimento di Astronomia dell’Università di Padova e pubblicato sulla prestigiosa rivista “The Astrophysical Journal Letters”, viene dimostrata la formazione “dolce” delle nuove stelle.
Utilizzando un campione molto grande di galassie (in totale si sono analizzate circa 20.000 galassie) nell’intervallo di tempo in cui l’Universo aveva tra 2.5 e 4.5 miliardi di anni, epoca in cui il tasso di formazione stellare era vicino al suo picco massimo, il team padovano ha provato che la formazione stellare graduale nelle galassie a disco predomina sugli "starburst". Tutto ciò è stato reso possibile grazie all’utilizzo del telescopio spaziale Herschel che lavora nel lontano infrarosso, capace cioè di “trovare” oggetti otticamente spessi, ovvero oscurati dalla polvere.
Combinando questi risultati con precedenti dati, ottenuti nell’ottico e nel vicino infrarosso, gli astronomi di Padova hanno potuto provare come la formazione stellare graduale delle galassie a disco predomini sugli starburst guidati (probabilmente) da incontri/fusioni tra galassie massicce.
«Le capacità osservative di Herschel» dice Giulia Rodighiero del Dipartimento di Astronomia «hanno finalmente permesso di rispondere ad alcuni vecchi quesiti relativi all'evoluzione delle galassie. Ora sappiamo che solo il 2% circa della galassie nell’Universo giovane sono in fase di starburst e che queste contribuiscono solo al 10% circa del tasso complessivo di formazione di nuove stelle. La modalità pacifica preferita dalle galassie per formare le loro stelle rappresenta uno dei futuri temi di indagine della ricerca, volti a comprendere dove e come le galassie comuni si riforniscano continuamente di carburante».
Dal punto di vista metodologico il team guidato da Giulia Rodighiero ha combinato due campioni di galassie per ottenere un dato statisticamente completo per l’analisi. Si sono utilizzate osservazioni di Herschel con la camera PACS (nel lontano infrarosso) per selezionare gli oggetti più rari con alti tassi di formazione stellare. Al contempo, si sono usati dati in banda K nel vicino infrarosso per selezionare galassie che coprissero tutto il range occupato dal parametro della massa stellare.
Come risultato finale dello studio, il team padovano ha teorizzato che se la fusione/interazione tra galassie massicce può contribuire significativamente alle proprietà morfologiche delle galassie, certamente l’Universo giovane non è, per la maggioranza delle stelle, un ambiente dove regna il dominio di eventi drammatici e straordinari come gli starburst (come si ipotizzava fino a poco tempo fa), ma un luogo dove hanno luogo processi graduali di formazione stellare.
Il team padovano di ricerca include inoltre il professori A. Franceschini, I. Baronchelli, A. Feltre e altri ricercatori dell’INAF.
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