Commercio sotto assedio del Covid, a Padova ha chiuso anche Massimo Dutti

PADOVA. Il negozio di abbigliamento Massimo Dutti è l’ennesima vittima economica del Covid. Ha chiuso ieri, rimandando la clientela al più vicino punto vendita che si trova a Milano. Il marchio spagnolo, del gruppo Inditex (lo stesso di Zara) allunga la triste nenia delle serrande definitivamente abbassate in centro.
Prima di Dutti era toccato al caffè Sant’Antonio, all’angolo tra via del Santo e il sagrato della Basilica; a seguire Bubble Tea Ruggi all’inizio di via del Santo; poi ancora Cannella, sempre abbigliamento, proprio accanto a Dutti. «Siamo in via Cavour, non una via periferica – commenta amaro Massimiliano Pellizzari, presidente di Acc (Associazione commercianti del centro) – L’incendio della crisi è arrivato nel cuore pulsante della città. Sappiamo che purtroppo tantissime attività non riescono più ad onorare i canoni di locazione e i proprietari saranno costretti ad attivare quanto prima le procedure di sfratto.
Questo fenomeno sta accadendo anche in piazza dei Signori, dove è prossimo a chiudere un altro negozio di abbigliamento. Se il governo centrale non interviene subito con misure di ristoro adeguate sarà un bagno di sangue. E non c’è da stupirsi perché era stato ampiamente previsto: i Dpcm che si sono succeduti hanno giustamente previsto misure di contenimento della pandemia, ma sono mancate totalmente quelle dei ristori».
Anche Patrizio Bertin, presidente Confcommercio-Ascom teme altre chiusure e chiede un incontro urgente con il sindaco Sergio Giordani: «Assisteremo ad altre chiusure anche dei nostri negozi. Mi aspetto il primo cittadino convochi una riunione urgente con le associazioni di categoria. Anzi, mi stupisco non l’abbia già fatto perché sta per partire una valanga e, una volta partita, non si fermerà.
Abbiamo gridato il nostro dolore fino a perdere la voce, eppure nessuno ha raccolto il nostro allarme. Riconosciamo che l’assessore Antonio Bressa è sempre presente, ma anche il primo cittadino – tanto più che viene dal nostro mondo – dovrebbe cercare di capire con noi lo stato di fatto e decidere cosa fare assieme. Si tratta di pensare alla città dopo lo tsunami Covid, dobbiamo pensare al domani che è oggi perché un’altra settimana così piegherà tutti. Il ristoro dovrebbe essere dato sul fatturato: noi non abbiamo cassa integrazione, siamo abbandonati a noi stessi».
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