Cona, Sandrie uccisa da un’embolia:

CONA. Sandrine sarebbe morta almeno tre ore prima del ritrovamento nel bagno del centro di accoglienza: è quanto emerge dai primissimi riscontri trapelati dall’autopsia sul corpo della venticinquenne. L’esame è stato eseguito ieri mattina in ospedale a Piove di Sacco dal dottor Silvano Zancaner su incarico della Procura lagunare. Il medico legale ha ipotizzato l’ora del decesso della giovane ivoriana basandosi sulla rigidità del corpo. Ulteriori elementi arriveranno nelle prossime settimane con gli esiti degli esami istologici sui tessuti prelevati.
L’autopsia ha permesso di chiarire con certezza le cause del decesso. Sandrine è morta per tromboembolia polmonare massiva bilaterale. Tradotto dal linguaggio medico, la richiedente asilo è deceduta per cause naturali. La patologia rientra nel novero delle morti improvvise e asintomatiche con decesso pressoché istantaneo. Una morte impossibile da evitare anche con l’intervento immediato dei medici. I primi risultati dell’autopsia arrivati sul tavolo della pm D’Alessandro, che sta seguendo il caso assieme al procuratore aggiunto Carlo Nordio, reggente della Procura veneziana, hanno permesso di sgomberare il campo dai timori sul fatto che il decesso fosse legato a una malattia infettiva (tra tutte la meningite). Nessuna emergenza sanitaria, dunque, e nemmeno ipotesi dolose dietro la tragedia.
Resta il mistero sull’ora del decesso, un mistero reso ancora più fitto dai primi risultati dell’autopsia. Sin da subito i migranti avevano sostenuto che i soccorsi fossero stati chiamati in ritardo. La direzione generale dell’Asl Euganea ha precisato ieri che il decesso è stato constatato al pronto soccorso di Piove di Sacco alle 13.46, dopo che la chiamata al Suem era arrivata alle 12.48 e l’ambulanza era giunta a Conetta alle 13.09, trovando Sandrine in arresto cardiorespiratorio e iniziando come da protocollo la rianimazione.
Sandrine aveva 25 anni compiuti alla vigilia di Natale e un futuro tutto da costruire in Europa, magari proprio in Italia, con la Costa d’Avorio nel cuore ma lontano da fame e povertà, lontano da quell’Africa che non avrebbe potuto regalarle un domani sereno. In tasca un diploma di perito informatico, un compagno al proprio fianco. Dal 30 agosto, quando era arrivata in Sicilia su un gommone proveniente dalla Libia, il microcosmo di Sandrine faceva perno in un container nella ex base. Un passaggio necessario in attesa della risposta alla richiesta di asilo che avrebbe sancito la nuova vita. Lei lo sapeva e attendeva fiduciosa, scontrandosi ogni giorno con le difficoltà della vita all’interno del campo. Ma il destino ha stravolto i progetti della giovane. Un destino beffardo l’ha colpita pare senza alcuna avvisaglia. La tromboembolia avrebbe potuto colpire ovunque Sandrine. Lo ha fatto in una mattinata tra le più fredde di questo inverno. Un mese fa, Sandrine aveva scoperto di essere incinta. Un evento che forse la giovane donna aveva visto come l’ennesima prova da superare in un momento della sua vita ancora segnato da troppe incertezze. Aveva deciso di abortire volontariamente, seguita dai medici. Credeva forse che la vita le avrebbe riservato altre occasioni, non è stato così.
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