Condannato a 5 mesi praticante avvocato nei guai per stalking
Processo concluso nei confronti di un praticante avvocato, Andrea Sartori, 39 anni di San Giorgio in Bosco, finito sul banco degli imputati per stalking, ingiuria e diffamazione aggravate. Il giudice Ventura lo ha assolto dall’accusa di stalking nei confronti di una giovane stagista «perché il fatto non sussiste», tuttavia lo ha condannato a 5 mesi e 10 giorni di carcere, oltre al pagamento delle spese, per stalking, diffamazione e ingiurie aggravate nei confronti di un imprenditore cinquantenne padovano. Quest’ultimo aveva chiesto un risarcimento di 88 mila euro e la concessione della sospensione condizionale subordinata al versamento di una provvisionale di 50 mila euro: è stato riconosciuto, invece, un risarcimento di 10 mila euro sia pure non immediatamente esecutivo. Inoltre il giudice ha concesso all'imputato le circostanze attenuanti generiche, oltre al beneficio della sospensione condizionale della pena e della non menzione nel casellario giudiziale. Satori era difeso dall’avvocato Pietro Masutti, l’imprenditore (non la ragazza) si era costituito parte civile tutelato dall’avvocato Alessandro Gotti. Per un mese e mezzo l’aspirante “uomo di legge” aveva inviato lettere per posta prioritaria e fax, utilizzando un sistema criptato del suo computer, all’uomo, ai suoi conoscenti e colleghi di lavoro. Il contenuto di quelle missive? Minacce e offese molto pesanti all’imprenditore nella cui azienda la giovane, piuttosto avvenente, svolgeva degli stage. Era stata la folle e ossessiva gelosia verso di lei a provocare quel comportamento che ha messo nei guai l’aspirante avvocato. E lo ha catapultato in tribunale non per lavoro ma nell’insolito ruolo di imputato. Dal 6 ottobre 2010, per un mese e mezzo, l’imprenditore aveva sopportato un autentico inferno, incapace di comprendere da chi provenissero quei messaggi: «Sono stato costretto ad assumere un bodyguard e a mutare le mie abitudini di vita» aveva dichiarato al processo». Poi, esasperato, la scelta di presentare una denuncia che ha fatto scattare l’indagine affidata alla polizia postale. Attraverso una serie di accertamenti gli investigatori sono riusciti a individuare il computer di Sartori dal quale partivano le mail diffamatorie o minacciose.
Messo alle strette, il 39enne aveva ammesso le proprie responsabilità: «Mi ero infatuato di quella ragazza, avevo perso la testa». (cri.gen.)
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