La confessione dell’omicida in caserma: «Ho colpito Franco, non ero in me»

Omicidio di Limena, il triestino Alessio Battaglia è crollato dopo il fermo a casa di un amico a Monfalcone. Prima il litigio, forse per questione di soldi, poi l’aggressione ai danni dell’ottantenne e l’occultamento del cadavere

Edoardo Fioretto
I rilievi delle forze dell'ordine nell'appartamento di Franco Bergamin a Limena
I rilievi delle forze dell'ordine nell'appartamento di Franco Bergamin a Limena

«Ho perso la testa e l’ho colpito. Poi sono andato nel panico, e ho agito d’impulso». Il timbro di voce è freddo, lo sguardo lucido. Alessio Battaglia, 40 anni, ammette così di fronte agli inquirenti le sue colpe nella sequenza di eventi che sono costati la vita a Franco Bergamin, l’80enne trovato cadavere in un armadio della propria abitazione di via papa Giovanni XXIII, a Limena.

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Alessio Battaglia

Il triestino è accusato non solo di omicidio volontario, ma anche di occultamento di cadavere. Su di lui pendeva fino a giovedì 6 marzo un decreto di comparizione firmato dalla procura di Padova per chiarire le sue posizioni sulla morte del pensionato.

Subito dopo essere stato individuato dai carabinieri in un’abitazione di un amico a Monfalcone, e posto in stato di fermo, l’uomo è stato trasferito al Comando provinciale dell’Arma di Padova dove è stato sentito per circa un’ora e mezza nella notte di giovedì, prima di essere trasferito in carcere.

L’ammissione di colpa

La morte di Bergamin potrebbe essere stata la conseguenza di una lite per futili motivi: resta un giallo però il movente esatto. Alla presenza del sostituto procuratore Marco Brusegan, Battaglia ha però ammesso di avere colpito l’80enne all’apice di un diverbio. E di averne poi occultato il cadavere nel timore di essere scoperto.

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Franco Bergamin

Quella discussione potrebbe essere iniziata per questioni di denaro, o forse relative all’ospitalità gratuita che il pensionato offriva al 40enne. La procura ha già firmato i mandati per accedere agli estratti conto e i movimenti bancari, sia della vittima che dell’indagato. Non è escluso che l’inquilino abbia nascosto il corpo per poter continuare a incassare la pensione.

La lite in casa

La data della lite, cristallizzata dalle dichiarazioni di Battaglia, è quella del 22 febbraio. La stessa notte in cui le vicine di casa dell’80enne hanno sentito dei rumori provenire dall’abitazione in cui si è consumato il delitto.

«Quella notte io e Franco abbiamo discusso», ha ricostruito il 40enne. Incalzato dagli inquirenti, Battaglia ha ammesso di aver spinto a terra la vittima, causandone la morte. L’autopsia ha rivelato una frattura potenzialmente fatale al collo dell’anziano. Sulla salma non ci sono tracce di colluttazione, come lividi o ematomi, e nemmeno segni di strangolamento.

Di certo lo scontro è stato impari. Battaglia è un uomo in forma, che tiene molto al proprio fisico e non manca di mostrare in favore di camera per i social. Mentre lo stesso non si può dire della vittima, ben più avanti con l’età: un fattore che l’ha posta in una posizione di vulnerabilità. L’inquilino non ha avuto problemi ad avere la meglio sul pensionato.

Occultamento del corpo

Con il corpo esanime di Bergamin a terra l’indagato ha raccontato di avere perso la testa. «Non ero in me», le parole riferite in caserma. Preso dal panico ha nascosto la salma nell’armadio e ha preso precauzioni per evitare che l’odore di decomposizione potesse diffondersi nell’aria: dopo aver sparso profumo per ambiente, ha usato dello scotch per sigillare la porta di casa.

Per due giorni Battaglia è rimasto nell’abitazione di Limena: l’ipotesi è che l’abbia fatto per simulare che l’80enne fosse ancora vivo. Non si tratta di elementi da poco e che anzi aggravano la posizione dell’indagato che anche per questo deve rispondere dell’accusa di omicidio volontario.

I punti d’ombra

Non c’è ancora certezza su come l’indagato sia riuscito a raggiungere l’appartamento dell’amico a Monfalcone. Quando ha lasciato Limena era in compagnia della fidanzata, che al momento non risulta indagata. Entrambi però non hanno né patente né un veicolo. Non è escluso che nella fuga possano avere chiesto aiuto a una persona estranea alla vicenda.

Il cellulare di Battaglia è stato sequestrato e altre informazioni potrebbero apparire dalle cronologie di internet, o dai messaggi inviati nei giorni successivi al delitto. Sembra invece escluso che l’omicidio possa essere stato premeditato. Al momento l’accusato si trova in stato di fermo in carcere a Padova, e sabato 8 marzo verrà interrogato dal gip Laura Alcaro. A difenderlo è il legale di fiducia Anna Maria Beltrame.

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