Contratti di lavoro rumeni per i camionisti padovani

PADOVA. Contratti rumeni ai camionisti italiani. E quindi salari più bassi e contributi previdenziali sottratti alle casse dello Stato. Un fenomeno presente a Padova - capitale del Nordest nel settore dell’autotrasporto delle merci - stando alla denuncia delle associazioni di categoria e del sindacato. Tanto che sul caso Cgil-Trasporti e Fita-Cna hanno presentato un esposto all’Ispettorato del lavoro di Padova e al ministero del Lavoro. Un fenomeno in crescita, spiegano i sindacalisti, perché c’è stato il proliferare di agenzie interinali che assumono autotrasportatori inquadrati all’interno del sistema lavorativo rumeno; sistema che prevede meno contributi e meno tasse.
Tra i sindacalisti veneti, che stanno lottando per cercare di contrastare questa tendenza portata alla ribalta due settimane fa dalla trasmissione di Rai Tre “Report”, c’è anche Romeo Barutta, segretario provinciale di Filt-Cgil. «La situazione generale si aggrava mese dopo mese», spiega il sindacalista, «Abbiamo calcolato, che, nella sola provincia di Padova, potrebbero essere già mille su tremila i camionisti assunti dalle aziende del settore tramite ben note agenzie interinali, secondo le normative del contratto nazionale rumeno degli autotrasportatori. In pratica gli autisti “rumenizzati” guadagnano 1.200-1.400 euro al mese anziché 1.700-1-900, somma cheche si portano a casa i colleghi assunti con un contratto regolato dalle normative nazionali. Il salario mensile è così decurtato di 400-500 euro. Ma il contratto “alla rumena” non danneggia solo il singolo dipendente. Chi ci rimette di più è lo Stato: mentre in Romania l’azienda per ogni lavoratore paga al massimo 300 euro di contributi, in Italia questi ultimi, sommati alle imposte, arrivano a oltre 1.200 euro. E ciò significa, per le casse pubbliche, perdere, per la sola provincia di Padova, fino a 1 milione di euro dal momento che gli autotrasportatori “rumenizzati” sono circa mille».
Anche Walter Basso, segretario Fita-Cna, sta lottando per cercare di far cambiare la normativa. «Il fenomeno esiste ed è abbastanza ramificato sia nel Veneto che nel vicino Friuli Venezia Giulia», sottolinea, «In genere sono le grandi aziende a utilizzare le assunzioni con contratto rumeno. Al limite è coinvolta anche qualche piccola azienda, ma solo quella che è arrivata alla canna del gas e quindi non sa più come far quadrare i conti per non essere costretta a chiudere bottega. Ai nostri associati sconsigliamo questo tipo di assunzione anche per un motivo prettamente legale. Sono infatti già numerosi i lavoratori dipendenti ad intraprendere azioni legali contro l’inquadramento nel sistema lavorativo rumeno. E le vertenze che sono arrivate in aula hanno trovato quasi sempre, da parte dei giudici risposte favorevoli ai ricorsi dei lavoratori».
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