Contratto di schiavitù Il “mastro cordaio” in aula

Un contratto di schiavitù con la sua compagna. Un documento - regolarmente firmato - nel quale l’uomo, maestro di bondage, elencava gli obblighi a cui la donna doveva sottostare. E che ora entrerà, seppur indirettamente, nelle aule del tribunale. Succederà il 3 giugno prossimo quando, davanti al giudice dell’udienza preliminare, comparirà A.C., 45 anni. L’uomo è accusato di stalking nei confronti della ex, la sua “schiava” appunto. Stando alle accuse formulate dalla Procura, A.C. l’avrebbe minacciata e pesantemente ingiuriata; si sarebbe presentato dove la donna lavorava e dove viveva, le avrebbe spedito continuamente messaggini telefonici. Il tutto sarebbe accaduto nell’ottobre del 2011. Un comportamento del quale l’uomo dovrà rendere conto al giudice in aula. L’accusa da cui A.C. si deve difendere è quella di stalking e non di maltrattamenti: una posizione più lieve rispetto a quella inizialmente temuta. «Il nostro», ha spiegato l’uomo che si dichiara innocente, «era un gioco consensuale e consapevole. La denuncia per maltrattamenti fatta dalla mia ex compagna è decaduta. Dunque il Bdsm (bondage domination sado masochism, ndr) non è violenza e nemmeno sopraffazione come volevano far figurare all’inizio». La difesa, rappresentata dagli avvocati Serena Pomaro e Fabio Capraro, si prepara a dare battaglia sull’ipotesi accusatoria di stalking, sulla persecuzione alla quale l’uomo avrebbe dato vita dopo essere stato lasciato dalla compagna. Il contratto di schiavitù, comunque, seppur indirettamente, è destinato a entrare in aula per spiegare il tipo di rapporti esistenti tra i due ex compagni. Si tratta di due fogli dattiloscritti firmati da entrambi, in cui vengono imposte regole precise sotto le lenzuola e anche nella vita quotidiana. Qualche esempio? «La schiava accetta di rivolgersi al padrone con il termine di padrone o signore o master e sempre rispettosamente anche fuori dalla sessione vera e propria». Ancora: «Il padrone le fornisce un oggetto che segni simbolicamente l’appartenenza della schiava a sè stesso». Quindi: «La schiava accetta di ricevere punizioni appropriate per ogni infrazione al presente contratto e si impegna ad accettarle con umiltà imparando la lezione».
Il contratto di schiavitù era stato presentato in Procura insieme alla denuncia per stalking, ma evidentemente il documento non aveva carattere di violazione penale. La vicenda del “mastro cordaio”, come A.C. è stato ribattezzato per la pratica del bondage, al di là degli aspetti penali, è destinata a far discutere. La vicenda è stata ripresa proprio in questi giorni anche da quotidiani di altre città italiane, segno dell’interesse per unsingolare rapporto che rimanda ad altre epoche storiche. (c.p.)
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